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Nome, parola e deserto
24/06/2015
Celebriamo la solennità della nascita di Giovanni Battista. E' l'uomo "mandato da Dio come testimone, venuto per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui" (Gv 1,6-7). Giovanni è la Voce che grida nel deserto: ... Voce che dà voce alla Parola, che fa della sua stessa esistenza la proclamazione del primato di Dio. Voce, forte e umile insieme, alla quale Gesù stesso presta ascolto scegliendo di immergersi nell'acqua per ricevere da Giovanni il battesimo "perché conviene che sia adempiuta ogni giustizia" (Mt 4,15). Giovanni al quale Gesù rende a sua volta testimonianza, riconoscendone la grandezza e la piccolezza secondo la logica dell'economia salvifica di Dio, per cui Giovanni è il precursore, tanto fondamentale quanto incompiuto senza Colui che annuncia e di cui prepara la venuta: "Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Si, io vi dico, anzi, più che un profeta. (...) Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui" (Lc 7, 26-28).
Le letture che ci sono consegnate in questa festa raccolgono la vicenda di Giovanni intorno a 3 temi: il NOME, la PAROLA e il DESERTO.

Innanzitutto il NOME. Il vangelo fa risaltare come l'iniziativa di Dio trae dal nulla la vita. A chi si pensava immeritevole Dio ridona dignità, come a Zaccaria ed Elisabetta, avanti negli anni, che portavano il peso della sterilità. "Giovanni è il suo nome" (Lc 1,63). La consapevolezza che la vita è un dono e porta inscritta l'azione benevola di Dio restituisce la parola a Zaccaria che si scioglie in un rendimento di grazie.
Il nome Giovanni significa: Dio è favorevole, Dio fa grazia. Dentro alla storia siamo chiamati a vivere il dono che il Signore ci ha consegnato. Giovanni, nella sua singolarità e libertà, ha risposto alla vita rendendo testimonianza alla Luce e alla Verità. Il nome di Giovanni viene da Dio e così la sua vocazione, la sua missione.
Da sempre, fin dall'eternità, Dio ha pensato come portare il suo amore, come dire ciò che a Lui sta a cuore. E' il Dio della vita. Siamo chiamati alla vita perché amati e conosciuti prima ancora di essere formati nel seno materno: "Fin dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome" (Is 49,1). Siamo chiamati, unici e irripetibili, ad essere portatori del pensiero del Padre: "Ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra" (Is 49,6). Dio ci ha tratti dal nulla pronunciando il nostro nome, dicendoci chi noi siamo.

Giovanni è anche l'uomo della PAROLA. Nel suo vangelo, Luca ne scolpisce così l'identità: "Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, (...), sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa', la PAROLA DI DIO VENNE SU GIOVANNI... (Lc 3,1-2). E Giovanni diventa colui che fa risuonare questa Parola altra, dono ricevuto e missione a cui consacrare la vita. Annuncia, predica, esorta, invita, risponde alla fatica di comprendere degli uomini a cui si rivolge, propone un battesimo di conversione perché la vita si faccia spazio pronto ad accogliere la Parola e a lasciarsene coinvolgere... In sintesi, Giovanni evangelizza il popolo (Lc 3,18). Dunque, introduce nel mistero d'amore di Dio e predispone all'incontro con il Signore, Parola incarnata nella storia degli uomini... E può farlo perché plasmato da questa stessa Parola, immerso nella sua Verità.
Giovanni esprime con forza la centralità della Parola, tutta la sua esistenza è relativa a questo primato. Contempliamo con stupore la stessa tensione anche nella comunità cristiana che stiamo conoscendo qui in Camerun. Non c'è gruppo, incontro, attività che non abbia la sua partenza nell'ascolto della Parola, spesso riprendendo il Vangelo della domenica. Una lettura umile, ripetuta in francese e in fulfuldé, perché tutti possano accogliere l'annuncio e tentare di condividere qualcosa di ciò che lo Spirito suscita nell'intimo di ciascuno. E' davvero la fede solida e pura dei semplici, che credono nel farsi presente del loro Signore ogni volta che, radunati nel suo nome, ne ascoltano la Parola e cercano di tradurne la carità.

Infine, Giovanni è l'uomo del DESERTO. La sua esistenza si accompagna quasi interamente alla vita nel deserto. "Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele" (Lc 1,80).
Il deserto è il luogo della solitudine, del silenzio, della prova, della paura, della purificazione... è il luogo che sembra contraddire la possibilità stessa della vita. L'uomo, nello spazio-tempo del deserto, affronta il suo limite, la sua fragilità... incontra la fatica e la sofferenza... fa i conti con se stesso. Ma l'essenzialità del deserto può anche avere l'effetto di semplificare, di aiutare a discernere e a scegliere il bene... può essere scuola di vita e di fede. Certo Giovanni ha vissuto l'austerità del deserto fin quasi al suo rigore estremo, trovando in esso la via che l'ha condotto a se stesso e a Dio. Quell'apparente luogo di morte è diventato il luogo in cui Giovanni è stato raggiunto da quella Parola che ha donato senso alla sua vita.
Nel nostro nuovo mondo, il deserto è realtà sei mesi all'anno. Tutto è secco, arido... solo terra e vento... La vita si addormenta: quella vegetale che soffre la mancanza d'acqua, e quella animale, che si trascina cercando di contrastare il caldo. Poi, però, le prime piogge ripropongono il miracolo della vita che esplode: tutto diventa incredibilmente verde, la terra si prepara alla semina, il fresco dona sollievo e sostiene un po' di dinamicità in più. Basta qualche goccia di acqua per far fiorire il deserto. Basta l'ascolto della Parola e la docilità allo Spirito per far fiorire la vita. La propria e quella degli altri. Come Giovanni insegna.
Il commento è di Anna ed Emanuela della comunità delle Ausiliarie di Milano
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