12/03/2016 |
di LEONARDO BRACCHETTI. IMMIGRATI SI O NO? I migranti stanno invadendo i Paesi ricchi? Rapporto rifugiati per 1.000 abitanti: Libano 232, Giordania 87, Malta 23, Svezia 9, Italia 2 (media Ue 2). I musulmani ci invadono? Meno di un terzo tra gli immigrati che arrivano in Italia sono musulmani. Gli immigrati ci tolgono ricchezza? Con i 5 miliardi di differenza tra contributi versati e percepiti dagli immigrati l’Inps paga le pensioni di 600mila italiani. Saremo travolti da milioni di poverissimi? Sono prevalentemente quelli dei ceti medi che riescono ad arrivare nei nostri Paesi perché i soli con le risorse economiche necessarie per fare il viaggio. Rischiamo una catastrofe demografica? Il Paese si sta spopolando, con la perdita di 180mila italiani nel 2015, rimpiazzati da meno di 40mila stranieri immigrati.
L’arrivo degli immigrati ridurrà le nostre possibilità di sviluppo? Come ricordava Avvenire in prima Massimo Calvi, gli Stati Uniti calcolano che l’invecchiamento della popolazione toglierà 0,8% punti di Pil all’anno per i prossimi otto anni: figuriamoci da noi dove la popolazione invecchia ancor più e non vogliamo forza lavoro giovane immigrata. Il Pil è la somma di beni e servizi prodotti e venduti e, a parità di competitività, con più anziani e meno forza lavoro (e forza lavoro più anziana) si produce meno e a tassi di produttività inferiori. Semplice. E drammatico. La differenza tra realtà e pregiudizio sul tema delle migrazioni, come anche qui si continua a documentare, è sostanziale.
Il tema delle migrazioni è ostaggio delle chiacchiere del bar dello Sport e di una narrativa ansiogena che certa politica, e purtroppo anche certi media, hanno interesse ad alimentare. Questa narrativa è lo specchio delle paure e delle ansie della popolazione nei confronti della globalizzazione, alimenta le opinioni di settori importanti dell’elettorato e riduce lo spazio per le politiche d’integrazione. Nessun governo può pensare di approvare leggi lungimiranti in materia, conservando il consenso dell’opinione pubblica in presenza di questa congiuntura comunicativa e culturale avversa. Se le statistiche non bastano a contrastare la narrazione distorta (e qualcuno del bar dello Sport arriverà a pensare che la statistica fa parte del "complotto") c’è bisogno di contro-narrazioni e di iniziative che possano contrastare il fenomeno.
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