di mons. GUALTIERO BASSETTI. Il Signore è in mezzo a noi, sì o no?
Nel
libro dell’Esodo si legge che, nel
momento in cui Israele deve partire dall’Egitto, il Signore non lo conduce per
la strada più corta, ma per quella più lunga (Es 3,17): perché non nasca nel popolo la tentazione di
tornare indietro, alla schiavitù d’Egitto. Il deserto appare così fin dall’inizio
come uno spazio, e insieme come un tempo di prova.
Tra
tutti gli episodi narrati in Es 15-17 risalta in modo drammatico la protesta degli
israeliti a Massa e Meriba («prova» e «tentazione»), a causa della mancanza
d’acqua; l’episodio si conclude con una domanda radicale: «Il Signore è in
mezzo a noi, sì o no?» (Es 17,7). Il deserto sembra a Israele solo un vuoto
spaventoso, che pare voler inghiottire il popolo che in tale solitudine ha
iniziato a camminare: questo Dio così misterioso è davvero in mezzo a noi,
oppure no? Oppure questo deserto è una maledizione della quale possiamo
incolpare solo un cieco destino?
Israele chiama Dio in processo, quasi che
sia Egli il colpevole della sua situazione. Mettere alla prova Dio significa
voler fissare a Dio delle scadenze, imporgli i propri schemi, volere in realtà
prenderne il posto. Significa stravolgere il senso stesso dell’esodo: Dio ha
portato il popolo alla libertà, ma il popolo arriva ad accusarlo di essere lui
il colpevole delle sue sofferenze: «Perché ci hai fatti uscire dall’Egitto nel
deserto per morire di sete?» (17,3).
«Il Signore è in mezzo a noi, sì o no?».
Questa non è la domanda di un ateo, ma il dubbio di un credente che non ha
ancora pienamente compreso che il Dio di Israele è un Dio liberatore. E
tuttavia la domanda rimane, con tutta la sua forza provocatoria e scandalosa.
In questo momento di deserto che stiamo vivendo, la comunità cristiana deve
saper abitare questa domanda, condividerla con tanti esseri umani che oggi
rispondono «no, il Signore non è affatto in mezzo a noi, anzi, non c’è proprio
alcun Signore in cielo».
La comunità cristiana deve saper camminare insieme
con loro, anche di fronte a questo tipo di risposte. Ma per farlo è necessario
un supplemento di umanità che non sempre noi cristiani riusciamo ad avere. (lettera 23 aprile 2020)
|