Di
riflesso, alla luce di questa domanda sull’uomo, nasce una nuova domanda su
Dio. Non tanto quella già ricordata: «Dov’è Dio?». Ma piuttosto: chi è Dio? In quale Dio crediamo, prima ancora di chiederci dove
egli sia? Di chi stiamo parlando? Di Dio o del vitello d’oro?
Nel
cammino nel deserto, la grande tentazione di Israele è infatti quella di
costruirsi un dio su misura, il vitello d’oro (cf. Es 32). Non si tratta di un altro Dio, ma di quello
stesso Yhwh che ci ha fatti uscire dall’Egitto, che però adesso vogliamo
raffigurarci come a noi pare meglio. Con l’oro, appunto. Qualcosa che ci siamo
acquistati, per cui abbiamo sudato. Un dio-idolo a nostro uso e consumo, che
risponda alle nostre esigenze. Ebbene, quel dio non esiste, ce lo siamo appunto
creati. E lo accusiamo poi di aver mandato la pandemia.
Non
dimentichiamo che il cammino dell’esodo culmina nelle dieci parole ricevute al
Sinai (cf. Es 20,1-17); e la prima di queste parole non ci dice
tanto dov’è Dio, quanto piuttosto chi Egli sia: «Io sono il Signore tuo Dio che ha fatto
uscire te dalla terra d’Egitto, dalla casa delle schiavitù. Non avrai dèi
stranieri davanti al mio volto» (Es20,1-2). Il Dio
biblico è un Dio che libera e che salva, che non tollera il male. È un Dio che
scommette sulla libertà dell’essere umano e che vuole che sia l’umanità stessa
a realizzare il suo progetto nel mondo.