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Briciole per l'anima
Tu sei la nostra speranza, Signore
22/04/2015
[...] Agli artisti affidi la missione di rivelare lo splendore del tuo volto,
- fa che le loro opere è portino all'umanità un messaggio di speranza. [...]
 
« Il Padre mio vi dà il pane del cielo, quello vero »
21/04/2015
Dio, la cui natura è bontà, la cui sostanza è amore, la cui vita è solo benevolenza, ha voluto mostrarci la dolcezza della sua natura e la tenerezza per i suoi figli, perciò ha mandato nel mondo suo Figlio, il pane degli angeli (Sal 78,25), « per il grande amore con il quale ci ha amati » (Ef 2,4). « Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito » (Gv 3,16).
 
« Rabbì, quando sei venuto qua ?… – Questa è l’opera di Dio : credere in colui che egli ha mandato»
20/04/2015
Cristo ha rifiutato di rendere testimonianza a se stesso, di dire chi era e da dove veniva; è stato in mezzo ai suoi contemporanei « come colui che serve » (Lc 22,27). Sembra che gli apostoli abbiano capito chi era stato con loro soltanto dopo la risurrezione e soprattutto dopo l'ascensione, quando è sceso lo Spirito Santo. Quando tutto era finito, l'hanno saputo, ma non sul momento. Ora vediamo qui, secondo me, la manifestazione di un principio generale che ci si presenta spesso, sia nella Scrittura che nel mondo: non discerniamo la presenza di Dio nel momento in cui essa è con noi, ma soltanto dopo, quando rivolgiamo lo sguardo verso ciò che è successo e che non c'è più...      

Ci capitano cose piacevoli o difficili; non ne percepiamo sul momento il significato; non vediamo in esse la mano di Dio. Se abbiamo molta fede, crediamo ciò che non vediamo e riteniamo che viene da lui quanto ci capita. Però, lo accettiamo o no nello Spirito di fede, certamente non c'è altro modo di accettarlo. Non vediamo nulla. Non vediamo perché ci capiti tale cosa, o a cosa essa tenda. Un giorno, Giacobbe esclamò: « Su di me tutto questo ricade ! » (Gen 43,36). Certamente sembrava che fosse proprio così... Eppure tutte le sue sventure dovevano finire bene. Considerate il suo figlio Giuseppe, venduto dai suoi fratelli, portato in Egitto, imprigionato, con le catene che gli entravano nell'anima, e che aspettava che il Signore gettasse su di lui uno sguardo benevolo. Più volte il testo sacro dice: « Il Signore era con Giuseppe »... Dopo, questi ha capito ciò che sul momento era tanto misterioso, e disse ai suoi fratelli: « Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza. Non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio » (Gen 45,7).

Meravigliosa provvidenza, così silenziosa eppure così efficace, così costante e infallibile! Distrugge il potere di Satana; costui infatti non può discernere la mano di Dio all'opera nel corso degli eventi.
Beato John Henry Newman (1801-1890), Cardinale, fondatore di una comunità religiosa, teologo
PPS IV,17 « Christ Manifested in Remembrance »
 
La conversione e il perdono dei peccati
19/04/2015
[...]Il mandato che Gesù lascia ai suoi discepoli di tutti i tempi: nel suo nome, nel nome di questo Gesù, morto e risorto, saranno predicati a tutti i popoli, a tutta l'umanità che attraversa la storia, la conversione, il cambiamento della vita che ha il suo presupposto nel perdono dei peccati: quel perdono che egli ha già espresso dalla croce. Proprio quando tutto sembra perduto, Gesù offre al ladrone amore e perdono che gli permettono di sperare contro ogni speranza; oltre l'orrore del peccato e della morte c'è il Regno della Vita (cfr. Lc 23,34).
Questa è la novità, la notizia buona: il perdono dei peccati, la misericordia di Dio, la breccia che Gesù ha spalancato tra il cielo e la terra e che i suoi discepoli, con la mente aperta, devono far conoscere al mondo intero.[...]
dall'Omelia di don Luciano Cantini. 19/04/20115i
 
« Sul mare passava la tua via, i tuoi sentieri sulle grandi acque » (Sal 77,20)
18/04/2015
Sei santo, Signore, Dio onnipotente,
Padre del nostro Signore Gesù Cristo,
il paradiso della felicità, lo scettro regale,
l'amore sovrabbondante, la speranza sicura..
 
Avere fame è una sorta di impotenza
17/04/2015
Non possiamo ascoltare il Vangelo che racconta il miracolo della moltiplicazione dei pani, e non possiamo riunirci per spezzare il pane, se ci dimentichiamo della fame che opprime molte persone della terra. Avere fame è una sorta di impotenza; essere saziato, una sorta di potenza. È la fame che distingue coloro che non hanno niente da coloro che posseggono. Questa disuguaglianza è ingiusta. Né i poveri, né i ricchi che fanno parte della Chiesa devono tollerare questa ingiustizia. Non esiste una risposta materiale alla fame, perché si tratta di un problema umano più generale. La povertà e l'oppressione colpiscono coloro che hanno fame nella loro dignità umana. Non si può quindi rimediare a questa mancanza con dei doni che l'addolciscano. Gesù rifiuta la fame: quella dell'alienazione fisica, politica, quella della perdita della dignità umana. Ed è per questo che egli non rimanda gli uomini nel loro mondo di miseria, ma invita i discepoli a mettere a loro disposizione i propri viveri. È l'obbedienza dei discepoli che apre la via all'azione di Dio. Gesù non vuole agire senza i Dodici. Ma, per finire, è Gesù stesso che effettua la condivisione. Solo lui può distribuire i suoi doni.
 
Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa.
16/04/2015
Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito.
Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui.
Dal Vangelo secondo Giovanni . Gv.3,31-36


 
Chiunque fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere
15/04/2015
I ladri agiscono di notte, gli stupratori in luoghi appartati, gli assassini lontani dalle telecamere di sorveglianza perché sanno che stanno compiendo azioni malvagie e non vogliono essere visti. Quando qualche scafista o spacciatore viene intervistato in tv da giornalisti in cerca del servizio sulla criminalità accetta solo gli oscurano il viso e camuffano la voce.
Chi viceversa fa del bene e segue buoni principi si manifesta davanti a tutti senza timore né vergogna, anela a parlare delle sue esperienze per tramettere la gioia e la passione che sono così vivi in lui. Più parla e più vorrebbe raccontare perché crede veramente in quello che fa. Con i ragazzi ormai ho imparato a carpire ogni singolo gesto e vedo subito se mi stanno mentendo, se sono timorosi o se hanno combinato qualcosa di sbagliato. Spesso lascio perdere, non li contraddico, non li brontolo, ma cerco di far loro capire che ciò che stanno facendo è sbagliato, accendo una luce per mostrare la strada da prendere, lascio che siano loro a capire l'errore e andare verso la fonte di calore. I miei ragazzi molto spesso si incamminano sul sentiero illuminato, titubanti, ma al contempo fiduciosi in chi sta loro mostrando una via di uscita da una certa situazione.
Purtroppo non è così fra gli adulti. C'è sempre la paura di essere giudicati nel nostro insieme per un errore fatto e ci rifugiamo nel nostro dolore, ci rinchiudiamo sempre più fino ad isolarci e se qualcuno ci mostra la luce, ci chiama a raccolta, lo ignoriamo, facciamo finta di non aver né visto né sentito, e restiamo nelle tenebre. Ci fortifichiamo nel nostro errore e aspettiamo tempi migliori, non pensando che quel male che abbiamo ci cova dentro e ci mangia come un tarlo, portandoci a fare gesti che possano far soffrire il prossimo.
Riccardo Ripoli
Omelia  10/04/2013

 
"Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione"
14/04/2015
[...]Si tratta del rapporto tra silenzio e parola: due momenti della comunicazione che devono equilibrarsi, succedersi e integrarsi per ottenere un autentico dialogo e una profonda vicinanza tra le persone. Quando parola e silenzio si escludono a vicenda, la comunicazione si deteriora, o perché provoca un certo stordimento, o perché, al contrario, crea un clima di freddezza; quando, invece, si integrano reciprocamente, la comunicazione acquista valore e significato.

Il silenzio è parte integrante della comunicazione e senza di esso non esistono parole dense di contenuto. Nel silenzio ascoltiamo e conosciamo meglio noi stessi, nasce e si approfondisce il pensiero, comprendiamo con maggiore chiarezza ciò che desideriamo dire o ciò che ci attendiamo dall'altro, scegliamo come esprimerci. Tacendo si permette all'altra persona di parlare, di esprimere se stessa, e a noi di non rimanere legati, senza un opportuno confronto, soltanto alle nostre parole o alle nostre idee. Si apre così uno spazio di ascolto reciproco e diventa possibile una relazione umana più piena. Nel silenzio, ad esempio, si colgono i momenti più autentici della comunicazione tra coloro che si amano: il gesto, l'espressione del volto, il corpo come segni che manifestano la persona. Nel silenzio parlano la gioia, le preoccupazioni, la sofferenza, che proprio in esso trovano una forma di espressione particolarmente intensa. Dal silenzio, dunque, deriva una comunicazione ancora più esigente, che chiama in causa la sensibilità e quella capacità di ascolto che spesso rivela la misura e la natura dei legami. Là dove i messaggi e l'informazione sono abbondanti, il silenzio diventa essenziale per discernere ciò che è importante da ciò che è inutile o accessorio. Una profonda riflessione ci aiuta a scoprire la relazione esistente tra avvenimenti che a prima vista sembrano slegati tra loro, a valutare, ad analizzare i messaggi; e ciò fa sì che si possano condividere opinioni ponderate e pertinenti, dando vita ad un'autentica conoscenza condivisa. Per questo è necessario creare un ambiente propizio, quasi una sorta di "ecosistema" che sappia equilibrare silenzio, parola, immagini e suoni.[...]
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE  BENEDETTO XVI
PER LA XLVI GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI
  
 
"Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione"
[Domenica, 20 maggio 2012]
 
La conversione non può ridursi a un fatto individualistico
13/04/2015
Così come la vita corrotta distorce profondamente sia il cuore che le relazioni, così per contro la conversione non può ridursi a un fatto individualistico ma deve emergere sul piano di una nuova qualità morale sociale.
Lorenzo Biagi. Corruzione
 
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