In quel dialogo,
davanti al roveto ardente, in cui Dio si confida, Mosè impara anche a pregare:
cerca di tirarsi indietro, muove obiezioni, soprattutto pone interrogativi, ed
è in risposta alla sua domanda che il Signore gli confida il proprio Nome
indicibile, che si rivelerà nelle sue grandi gesta. (cfr CCC 2575)
Vediamo che “il Signore parlava con Mosè faccia a
faccia, come un uomo parla con un altro” con un suo amico. La preghiera di Mosè
è tipica della preghiera contemplativa, grazie alla quale il servo di Dio è
fedele alla propria missione. Mosè “s'intrattiene” spesso e a lungo con il
Signore, salendo la montagna per ascoltarlo e implorarlo, discendendo verso il
popolo per riferirgli le parole del suo Dio e guidarlo. “Egli è l'uomo di
fiducia in tutta la mia casa. Bocca a bocca parlo con lui, in visione” infatti
“Mosè era molto più mansueto di ogni uomo che è sulla terra”. (cfr CCC 2576)
In Mosè, nelle sue salite sull’ Oreb, vediamo realizzata l’essenza
di una preghiera di tipo contemplativo. E’
il dialogare ‘faccia
a faccia’, cioè come con un amico. E’
un’immagine molto bella che non deve stupirci. Come nel dialogo
tra amici c’è spazio per l’ascolto,
i silenzi, le incomprensioni, i litigi, il farsi avanti ma anche il tirarsi
indietro, i sentimenti, il ridere, il piangere... così è nella preghiera di
Mosè con Dio nel segno del Roveto ardente. All’interno
di questa preghiera così intima, nel segno misterioso del roveto ardente (un fuoco
che non si consuma) avviene l’altissima
rivelazione del nome di Dio stesso. Egli è la trascendenza assoluta, il
totalmente altro, quindi umanamente impronunciabile per non delimitarlo e
contenerlo. Noi, filosoficamente, lo abbiamo associato all’ essere stesso, con l’espressione
‘io sono colui che sono’,
ma sappiamo che JHWH restarà un’espressione
impronunciabile ...eppur rivelata all’
amico intimo che colloquia con Lui.
|