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Pillola sulla LITURGIA /3
14/05/2020

Buongiorno a tutti, oggi, in questa nostra terza tappa, daremo un’occhiata ad una delle “dimensioni fondamentali della liturgia”: il tempo.

Alla domanda “come definirebbe la liturgia?” fatta circa 30 anni fa al padre domenicano André Gouzes, nostro contemporaneo, che ha fatto della liturgia la sua vita, lui rispondeva:

“Vorrei dare una definizione del tutto personale e generale della liturgia e dire che essa è il dono, fatto da Dio all’umanità, della Sua presenza. Questa presenza viene verso di noi attraverso la proclamazione della Parola e mediante il segno della Chiesa, cioè di quanti sono riuniti nell’amore per accogliere la presenza di Cristo attraverso i Sacramenti” … “La liturgia è, in fondo, il gesto naturale della fede” (da Sources Vives, n. 25, aprile 1989, pubblicazione delle Fraternità monastiche di Gerusalemme). 

Ma nel nostro oggi, come si traduce tutto questo?

Cominciamo con il parlare del TEMPO.

Da quando è iniziato il tempo, cioè dal primo giorno della creazione è chiaro che Dio è il Signore del tempo. Nel vangelo di Matteo, nel cosiddetto “discorso della montagna” (Mt 6) leggiamo: “Non preoccupatevi dunque dicendo: “che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?... il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso”. Queste raccomandazioni di Gesù ci richiedono un “respiro ampio”, un invito ad una nuova gestione del tempo, mettendo da parte quell’agitazione che ci toglie il respiro (come ne abbiamo forse fatto l’esperienza in questi ultimi due mesi, assaporando che il  “respiro ampio” è più umano e quindi, per il principio dell’Incarnazione, più divino). La liturgia, giorno dopo giorno, domenica dopo domenica, anno dopo anno, vuole comunicare questa esperienza del tempo: esperienza del tempo della vita come tempo donato che si possiede solo nell’istante, perché nell’istante successivo, quello precedente è già svanito. Il passato come tempo donato e vissuto, come tempo di salvezza, non è mai perso, in quanto opera ancora nel presente e apre uno spazio futuro alla speranza. La componente del tempo è particolarmente rilevante nella celebrazione dell’Anno liturgico che  è essenzialmente celebrazione e attuazione del mistero di Cristo nel tempo. Perciò l’Anno liturgico non può essere ridotto a un semplice calendario di celebrazioni religiose. Per noi cristiani il mistero pasquale di Gesù forma il centro del tempo liturgico: sia della preghiera quotidiana personale, sia della domenica Pasqua della settimana, sia del ciclo annuale. E ogni Anno liturgico è nuovo, perché la fede del singolo credente e della comunità cristiana cresce in ampiezza, larghezza, lunghezza e profondità, anno dopo anno e insieme, come comunità di credenti, ci avviciniamo sempre più a quella pienezza di vita eterna che non avrà mai fine.

 
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