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Pillola sulla LITURGIA /4
15/05/2020

Buongiorno a tutti, ieri vi ho parlato del TEMPO come una delle dimensioni fondamentali della Liturgia, oggi vi parlerò della seconda dimensione: la COMUNITÀ.

( A Gerhards, LA LITURGIA DELLA NOSTRA FEDE, Ed. Qiqajon, 2010: rielaborazione personale di alcune sue riflessioni)

“La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi!” (2 Cor 13,13). Forse ricordate questa formula che il sacerdote proclama all’inizio della Messa e che è tratta dalla seconda lettera di san Paolo ai Corinzi. La comunione che ci viene augurata è la comunione stessa che si vive nella Trinità. Secondo la fede biblica è sempre Dio che si comunica per primo e la comunione tra di noi è possibile proprio perché Dio ci fa partecipi della sua comunione. Comunione vuol dire anche comunicazione e la liturgia, attraverso i suoi diversi elementi (parola, segno, canto, musica, gesti, danze etc.) permette questa comunicazione. Perciò la Liturgia è avvenimento: uomini e donne, vecchi e bambini, sani e malati, comunità parrocchiali della diocesi insieme con il vescovo, si riuniscono nel nome di Gesù Cristo e così si edifica la Chiesa come comunità. Ma la liturgia, che annunzia la presenza del Regno di Dio su questa terra, manifesta anche la distanza dal suo compimento finale che sarà in Cielo. Siamo comunità in pellegrinaggio verso la Gerusalemme celeste, quindi in continua conversione fino alla venuta definitiva di Gesù, siamo comunità con tutte le nostre fragilità personali e comunitarie. Per vivere la comunità su questa terra, bisogna avere l’umiltà di riconoscere che siamo “a mani vuote”, non bastiamo a noi stessi e pertanto dobbiamo continuamente andare oltre i nostri egoismi personali e di gruppo, aprendoci a Cristo e alla chiesa universale.

Allora, come mi apro a Cristo? Il vangelo di Giovanni ce lo dice in questi giorni: “rimanete in me e io in voi” come i tralci alla vite. Si tratta di un “rimanere dinamico”, solo così la linfa passa dalle vite ai tralci, e i tralci rimangono vivi e porteranno frutto, i grappoli d’uva che il ceppo della vite non può produrre. Com’è bello portare frutto, com’è bello essere una comunità di chiesa che testimonia la comunione. Gesù ci ha detto che ci riconosceranno come suoi discepoli se avremo amore gli uni per gli altri: la comunità liturgica è una comunità riunita nell’amore, per dare gloria a Dio al mondo intero, a partire dal piccolo mondo con cui siamo a contatto ogni giorno.

Siamo chiamati, proprio per questo amore che fa sbocciare i fiori e produce i frutti, ad aprirci, come comunità parrocchiale, alla Chiesa universale e ancora di più a tutta l’umanità e a tutto il creato proprio perché la caratteristica dell’Amore di Dio è quella di essere “senza misura” ed è un Amore che trabocca nella Creazione, nella Rivelazione e nella Redenzione. Siamo chiamati come comunità liturgica ad essere a immagine di questo Dio la cui generosità è senza confini.
 
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