ITINERARI ARTISTICO-SPIRITUALI MODIGLIANESI - (2)
a
cura di Enzo Staffa
L’IMMACOLATA
CONCEZIONE
Brevi cenni storici
Ristrutturazione del Duomo : dal 1756 da parte
del Priore Francesco Saverio
Violani terminata dal nipote Giacomo Filippo
Traversari nel 1798
PALA
D’ALTAR MAGGIORE: del 1785 dipinta da Paolo Cignani
nipote del famoso Carlo.
TRANSETTO : Ancona ed altare
opera del fiorentino Gaetano Pellucci Bini
che li
terminò nell’ottobre del 1798.
PALA : Olio su tela
180 x 250 dipinta fra il 1785 – 95 attribuita
tradizionalmente a : Giuseppe
Baccherini
Scheda
Soprintendenza : Ignoto Romagnolo del XVIII sec.
Il pittore è citato: V.
Beccatini : “La Pieve Collegiata di S. Stefano P.M. 1744-1806
Ravennatensia
XIII – Atti del Convegno di Faenza e Cesena (1985-86) – Cesena 1991 –
pag. 89 : “1780, 17 novembre
il pittore Francesco Grassi – capitato a Modigliana diede inizio alle 4 tele
[...] terminate dal pittore modiglianese Giuseppe BACCHERINI, furono collocate
negli squadri delle 4 pilastrate sopra i nicchi delle statue.”
pag.90 : “…e del quadro
dell’Immacolata all’altare del SS.mo opera del pittore Giuseppe BACCHERINI
- L’altare del SS.mo e l’ancona per detta pala,
costruiti da Gaetano Pellucci Bini di Fiesole, furono terminati il 18 ottobre
1798.
Alessandra Brocculi, nella sua tesi di laurea in Storia
dell’Arte su “La Chiesa Cattedrale di S. Stefano Papa a Modigliana” – relatore Prof. Alberto Cottino –
Univ. di Bologna, anno Accademico 2007-2008,
nemmeno ricorda questa pala per mancanza di notizie sull’artista.
Dalle
mie recenti ricerche nell’Archivio parrocchiale, il pittore Baccherini risulta
essere il capostipite di una decina di pittori che hanno operato in Modigliana dalla
metà dell’800 per circa 100 anni.
La
Dott.ssa Brocculi, ad una mia sollecitazione, rincara il suo misconoscimento
della pala scrivendomi : “L’opera non risalta per qualità artistica
ed originalità. L’iconografia chel’artista propone è abbastanza consueta; sicuramente a partire dalle opere
di Guido Reni”. (1620 circa)
Nel
2010, il compianto Don Romano Ricci, in un numero unico sull’Immacolata, pubblicato
a Faenza, riporta la foto della tela del Baccherini e mi scrive : “…la tela di S. Stefano di Modigliana, dai
competenti, è stata stimata molto bella…”
Giuseppe
BACCHERINI nasce il
29 gen. 1738, settimo di 10 figli, da Francesco di Giacomo e da Rosa Laghi.
Con
Anna Baroni, Giuseppe genera 11 figli tra cui Francesco, nel 1776, e Angelo
nel 1789. Francesco, pittore, (copia ad olio su tela della Madonna del Cantone
inventariata dalla Soprintendenza ???)
con Francesca Liverani genera 5 figli fra cui Vittorio nel 1802 pittore (dipingerà i 28 teleri della Via Crucis
soffiandoli al Lega) e Germano nel
1805, sacerdote. Vittorio, con
Margherita, sorella di Don Giovanni Verità, genera Francesco, (1828) pittore, (copia ad olio su tela della Madonna del
Cantone inventariata dalla Soprintendenza ??? e decorazione della chiesina
Cantone (1858), Francesco,
con Caterina Carloni, nel 1869, genera Rodolfo,
sacerdote e pittore che, nel 1917, decora il presbiterio della chiesina del
Cantone. (muore nel 1932)
Angelo, figlio di Giuseppe, anche lui pittore, fra i 10
figli che genera con Marianna Ravagli, c’è Gabriello nato nel 1821, che sarà
calzolaio e che tramanderà il mestiere, dà i natali al bisnonno del noto concittadino,
genio della fisica, Giuseppe Baccherini, assistente del Prof. Zichichi, e
prematuramente scomparso. Giovanni nel 1823 è pittore e Gaetano, nel 1829,
imbianchino, genera 3 femmine estinguendo così il suo ramo.
Peculiarità
della rappresentazione del Baccherini: La Vergine è in un atteggiamento di
“apertura” verso i fedeli, contrariamente alle rappresentazioni di altri
famosi pittori (vedi foto sotto) che la dipingono isolata, chiusa in sé e
protesa verso Dio.
Le
braccia aperte della nostra Immacolata sembrano dire:
“
Venite, figli miei, tra le mie braccia troverete rifugio e consolazione…”
GIAN BATTISTA TIEPOLO GUIDO RENI


MURRILLO
Dal Duomo ci sposteremo all’interno
dell’Ex-Vescovado e proseguiremo il nostro itinerario con il “femminino” su un
tema laico: “L’eroico gesto delle donne modiglianesi” rappresentato in una
Lunetta dal pittore Silvestro Lega conservata nel l’ex salone del Vescovo.
Breve cenno alla
Biografia del Pittore -
(Ragioni
della pausa fra il 1858 ed il 1863)
LA
LUNETTA della Guerra (1863): Olio
su tela 117 x 225
Delle 4 lunette questa è,
insieme al Terremoto, la più aderente ai caratteri stilistici dell’artista nel
1863. Contrariamente al Terremoto qui l’elemento dominante è il paesaggio.
Oltre l’inquadratura prospettica, altre particolarità iconografiche, come ad
esempio la resa minuziosa del selciato, concorrono a creare un genere di
composizione pittorica in qualche modo esemplare rispetto a soluzioni future
tipicamente leghiane. L’artista ha voluto rappresentare il fatto d’arme
avvenuto il 19 maggio (festa di S. Pudenziana) del 1358 nell’antico Borgo di
Sopra della Pieve.
Guerra: la pittura appare
invece più unitaria e avanzata nella concezione e nella stesura e la data del
’63 si attaglia assai bene, confrontandola con i dipinti di Piagentina di
quegli anni (Marabottini)
La GRANDE COMPAGNIA agli
ordini di Corrado Lando Alemanno è nella Valle del Lamone e si prepara ad
entrare in Toscana per recarsi, al soldo dei Senesi, a combattere i
Perugini. In attesa degli accordi con i
Fiorentini per avere il libero passaggio, crea ovunque confusione e terrore rapinando, stuprando, uccidendo.
Sono 3500 cavalieri, seguiti da un
gran numero di fanti e di salmerie, che stabilita finalmente, il corridoio di
transito, il 24 luglio, levano le tende e muovono verso la Toscana. I
Valligiani, sudditi in gran parte dei Guidi di Modigliana e di Giovanni Alberghetto
Manfredi signore di Marradi, Castiglione e Biforco, giurano di vendicarsi delle
malefatte subite durante la loro permanenza nella valle, e si appostano in cima
alle montagne, irte di precipizi, nei pressi del passo delle “Scalelle” e
tendono un’imboscata. Lasciano passare l’avanguardia di Amerigo del Cavalletto
che conduce gli ambasciatori fiorentini, ma quando sopraggiunge il grosso
dell’esercito al comando del conte
Lando, fanno rotolare massi sulle truppe e provocano una strage. Anche
la retroguardia, comandata dal Conte Broccardo, subisce la stessa fine, finendo
lui stesso ferito, in fondo ad un burrone. Così 100 uomini uccidono più di 1000
cavalli e 300 cavalieri. In quella memorabile giornata perdono la vita anche
altri baroni e notabili come Federico de’ Strimberghi, conte di Provenza e
Serrabruz dell’Arme Verde. Il Conte Lando è ferito da un fedele dei Conti Guidi
e fatto prigioniero. Anche le donne danno man forte ai loro uomini, gettando
pietre, gridando forte ed assalendo gli sbandati, che tentavano di nascondersi
nella macchia, derubandoli di ogni cosa preziosa e facendoli prigionieri.
I
superstiti della strage, rimessisi dalla batosta, riprendono a far bottino per
le campagne. Si pongono al soldo degli Ordelaffi di Forlì e diventano sempre
più audaci e feroci tanto che i soldati ecclesiastici non li osteggiano più ma
si limitano a difendere i luoghi fortificati dai loro attacchi.
Di
questa strepitosa vittoria Massimo d’Azeglio dipinge una celebre tela, che
acquistata dal Duca di Sutterland, è portata a Londra. Il pittore Bozzolo morto
a Torino nel 1884, ne trae un bozzetto che è riprodotto dal Lega (??) nei suoi “Fortilizi
di Val Lamone”.
Il
Callegari, nella sua Cronaca parla di
questa impresa come degna di appartenere alle storie d’Italia e della valle. La
vicenda è ricordata anche in un vecchio libro di preventivi conservato nel
Comune di Brisighella. Il poeta Angelo
Lapo canta la vicenda in versi latini e il Panzani la ricorda nel romanzo l’Orfana del Mugello.
Connesso
alla permanenza della Gran Compagnia nella Val di Lamone è il tentato
saccheggio della Terra di Modigliana, organizzando la scorreria a scopo di
bottino ed per rappresaglia ai Conti Guidi, quando gli uomini armati sono
altrove a combattere.
Il 19 maggio 1358 inizia
la mischia nel Borgo dove i pochi uomini rimasti di guardia allestiscono una
barricata ostruendo la via al Castello. I primi cavalieri all’urto improvviso
tentano di retrocedere ma altri premono e incalzano. A questo punto le donne sui tetti e dalle
finestre, con grida altissime, scaraventano giù pietre, tegole, legnami, quanto
di pesante si trovi a portata di mano, sì da aumentare il disordine.
Impossibile è la ritirata e terribile si fa l’eccidio. Se qualcuno cerca scampo
è raggiunto al guado dell’Acerreta e massacrato.
Dopo
tale vittoria la Santa del giorno, S.ta Pudenziana martire, viene eletta
Patrona della Terra di Modigliana e il 19 maggio dichiarato festivo. Un’antica
lapide in caratteri gotici viene rinnovata nel 1614 e nel 1759, a ricordo del
memorabile avvenimento viene posta una ceramica faentina con rappresentati la
Madonna del Cantone, Santo Stefano Papa che offre la città alla Vergine e Santa
Pudenziana.
Con
il prolungamento dell’attuale via don G. Verità, il terrapieno al ponte del 1848
e l’abbattimento della casa di Vincenzo Papiani nel 1866, sia la ceramica che
la lapide vendono poste sul fianco di palazzo Samorì,
Nella Pala d’altar maggiore : Santa Pudenziana è rappresentata
seduta che raccoglie con una spugna il sangue dei martiri in un’anfora.
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