Home arrow Arte e storia arrow Itinerario artistico-spirituale n°5: CONCATTEDRALE DI SANTO STEFANO
 
Home
Parrocchia
Contatti
Orario Sante Messe
Momenti di preghiera
Confessioni
Calendario mensile
Calendario pastorale
Appuntamenti e avvisi
Comunicazioni del parroco
Oggi in parrocchia
Documenti
Foto vita parrocchiale
Sguardi di bellezza
Arte e storia
Volti di ieri e di oggi
Giubileo Modigliana
Le nostre valli
Comunità e luoghi religiosi
Città di Modigliana
Passi nello spirito
Idee e riflessioni
Sottolineature
Briciole per l'anima
Video per riflettere
L'angolo del sorriso
Avvisi dalla diocesi
APPARTAMENTO STORICO DEL VESCOVADO
_____MU.VE_____ MUSEO DI ARTE MODERNA
Comitato di amicizia
 
Itinerario artistico-spirituale n°5: CONCATTEDRALE DI SANTO STEFANO
26/03/2014

Concattedrale di S. Stefano: - guida al presbiterio.

                                                   raffigurazioni di S. Giuseppe

a cura di Enzo Staffa

 

        Con il breve tempo a disposizione posso solo accennare alle raffigurazioni di S. Giuseppe che abbiamo nelle nostre chiese, come indicato nei manifesti, e concisamente alle opere d’arte contenute qui nel presbiterio.

 

Cominciamo con le raffigurazioni di S. Giuseppe

 

            Anticamente ed anche in un passato recente, S. Giuseppe non era etichettato, per modo di dire, “artigiano”. Era semplicemente il silenzioso e amorevole patrigno di Gesù che si guadagnava il pane con il lavoro delle sue mani e vegliava sulla sua famiglia. 

Infatti, sia qui che nella chiesa di S. Bernardo, abbiamo il Santo rappresentato  in statue di carta pesta, abbastanza simili, opere dei famosi plastificatori faentini dell’800, Ballanti e Graziani. Hanno, ambedue, espressioni lontane dall’umile operaio, dal banco di lavoro, compresi, come sono, nell’adorazione del piccolo Dio che tengono amorevolmente in braccio.

  Nella statua in S. Bernardo, sotto uno spesso stato di polvere e con neri filamenti di ragnatele che inghirlandano la nicchia,  il Santo, con il bastone fiorito, regge, sul braccio destro, un Bambino paffutello, di un anno circa, che, addormentato, ha abbandonato la testina sull’omero del babbo. Il dolce Giuseppe sembra dire qualcosa al Bimbo e nello stesso tempo gli regge la manina che trattiene una piccola mela affinché non gli cada.  E’, a mio avviso,  di una dolcezza e di un’intimità familiare straordinaria.

Il Santo invece nella cappella alla vs. destra, anche qui con il bastone fiorito, regge un Bambino più grandicello che sorridendo e toccando la barba al babbo, sembra indicargli in basso i fedeli come a dirgli che è venuto al mondo per loro. Con l’altra mano Giuseppe sembra rassicurarlo di aver compreso ma il suo sguardo si perde oltre il Bambino.  Qui l’artista ha dato al Santo un’espressione pensierosa, preoccupata, forse, per il destino del bambino che, intuisce, sarà pieno di angosce anche per lui.

Nella chiesa di S. Domenico, invece, c’è una pala non tanto grande, di un ignoto artista romagnolo del XVII secolo, che, proprio venerdì scorso ho avuto tra le mani in occasione dello scatto di numerose foto per uno studio approfondito ed una attribuzione certa, che una famosa studiosa d’arte sta dedicando al patrimonio artistico conservato nelle chiese della nostra città.  E’ posta sull’altare al centro della navata destra. Faceva parte della quadreria sacra della chiesa della Misericordia. A differenza delle statue, vi è rappresentato una S. Giuseppe più avanti negli anni, pelato, molto più vicino a noi, ai nostri artigiani, e lontano dagli stereotipi iconografici a cui siamo abituati ed accennati sopra.  Ha un ginocchio a terra e sull’altro tiene amorevolmente il Bambino piuttosto cresciuto che è attratto dalle cose che ha sul banco di lavoro. Allunga una manina e prende un grosso chiodo nero. Anche tenaglie e martello sono lì;  attrezzi tristemente profetici.

Nell’antichità, invece, la devozione popolare, aveva attribuito a S. Giuseppe un incarico diverso. In un manoscritto anonimo, che ho scovato recentemente nella Raccolta Piancastelli di Forlì, ho letto che, proprio qui in S. Stefano, nel 1700, era stata istituita una  COMPAGNIA  DI SAN GIUSEPPE.

 

(riporto testualmente)

 

“La Compagnia di San Giuseppe, Sposo di Maria, è retta nella medesima chiesa di S. Stefano Papa Martire, ebbe per suo promotore il piissimo Padre Giulio Brucalossi, detto di S. Filippo Neri, Fiorentino delle Scuole Pie (quelle di piazza Pretorio e S. Rocco per intenderci, n.d.e.) che passò nel suo collegio di Modigliana da questa a miglior vita il dì 14 maggio 1731 con fama  di non ordinaria bontà, cospicuo per il suo zelo, divozione ed esemplarissimi costumi.

Fu poi eretta compitamente l’anno 1732 come nell’Archivio della stessa Pieve sta registrato e li agregati essendo al presente delle migliaia.

 Per bolla del Sommo Pontefice Clemente XII in data del dì 13  9mbre 1731 li confratelli e le consorelle di questa compagnia di S. Giuseppe che è quella del buon morire, godono indulgenza plenaria nel dì del loro ingresso, nella Festa del Santo e in altri giorni fra l’anno, adempiendo le solite condizioni;

concorrono poscia, tutti di questa numerosa compagnia, a celebrare annualmente la Festa di S. Giuseppe con solennissima  pompa e con panegirico preceduto da una divota novena con sacri colloqui sopra le virtù di questo Santo per viepiù infervorare ognuno alla divozione del medesimo, procacciarselo assistente alla morte come singolare protettore de moribondi.

Ogni confratello alla notizia della morte d’un agregato è tenuto a far celebrare una messa per la di lui anima ed ogni anno a sborsare bai…… per le spese occorrevoli in occasione della sudetta Festa.

Vi sono altri obblighi e beni come apparisce dai Capitoli che si conservano nell’accennato Archivio.

Non alza questa Compagnia stendardo nelle processioni, usa però nelle sue funzioni cappa di cotone azzurro con grembiale rosso cucito d’avanti (sic!).

 

Sul tema della morte e di S. Giuseppe, abbiamo una tela nella bella chiesa delle Monache Agostiniane. Infatti la pala dell’altare laterale destro, raffigura Santo Giuseppe al momento del sua morte, assistito dalla sposa e dal divin figlio e angeli oranti, con i consuoceri in alto, in nembo, pronti ad accogliere la sua anima e presentarla all’Altissimo.

 

 

Passerei ora ad accennarvi brevemente  le opere d’arte che sono conservate qui nel presbiterio cominciando dall’alto, dal catino absidale. 

 

Nel 1949, in previsione del 1° Centenario della fondazione della Diocesi e del Congresso Eucaristico-Mariano dell’11-16 agosto 1950, questa cattedrale venne decorata a nuovo.

Su cartoni e disegni del Prof. Arch. Giuseppe Rivani di Bologna, il pittore modiglianese Vincenzo Stagnani, coadiuvato dal pittore tredoziese Francesco Gurioli, all’inizio di quell’anno, intrapresero i lavori dei decorazione sotto la direzione di tecnici bolognesi. Stagnani si dedicò, in modo particolare, al catino absidale con la rappresentazione della SS. Trinità in verticale con, alla base, il grande Cristo in trono con Angeli, putti e festoni floreali.

Da notare, in particolare, la personalizzazione della decorazione con la riproduzione della Roccaccia in lontananza e della Tribuna con Vescovo e Sacerdoti oranti. 

Anche tutte le figure di Santi, Apostoli, stemmi vescovili e papali rappresentati nella crociera del transetto, nelle volte, nelle vele e sugli archi principali della navata centrale, sono di Stagnani mentre Gurioli si dedicò, più che altro, alle decorazioni geometriche e floreali delle pareti, dei pilastri, dei risvolti, ecc.

 

Scendendo, facciamo un salto indietro nel tempo e troviamo, entro grande ancona in legno, opera di un famoso artigiano forlivese, la maestosa pala d’altare, eseguita dal Conte Paolo Cignani[1] figlio del celebre pittore Felice e nipote dell’ancor più celebre nonno Carlo. Olio su tela  300 x 210 - (costo dell’opera 50 scudi), eseguito a Forlì fra il 1755 – 59,  che raffigura:

in nembo la Vergine e San Giuseppe,  ed questo sottolinea l’importanza della devozione dei modiglianesi a questo Santo

più in basso a sx S. Stefano Papa e a dx S. Pudenziana. Il pontefice è in ginocchio e offre ai Santi in gloria, un modellino di città, la Santa invece, seduta, raccoglie in un’urna, con una pugna, il sangue del martire decollato che avrebbe dovuto essere inserito nel dipinto ma non lo fu. Fra i due Santi, un putto regge la palma del martirio e a terra c’è la tiara papale. Qui ci sarebbe da dissertare sul fatto della sostituzione volontaria o accidentale del nome del dedicatario di questa chiesa, da S. Stefano Protomartire a S. Stefano Papa Martire. Nella storia della Chiesa c’è effettivamente un S. Stefano Papa ma non è Martire!  Ma non ce tempo per farlo!

 

Sotto la pala la scritta dorata recita:

 

Il Capitolo della Cattedrale, nell’anno 1931, adornò più elegantemente, con pittura e dorature. questo quadro dei celesti patroni. S. Stefano P. M. e S. Pudenziana vergine . già restaurato dal Priore Pietro Bandini nell’anno 1818.

 

Nel tamburo absidale,

-       a sx, entro cornice ovale di stucco e decorazione, una tela di autore romagnolo ignoto del XVIII sec, rappresentate S. Giovanni Battista. Nel cartiglio sottostante l’iscrizione recita:   

La consacrazione. di questa cattedrale . che un tempo fu Collegiata insigne . si commemora ogni anno . il dì 9 giugno.

 

-       a dx invece, entro identica cornice,  altra tela di autore ignoto romagnolo, della metà del XVIII sec. rappresentante S. Francesco Saverio in atto di scrive ispirato.  L’iscrizione sotto recita:

Altare . privilegiato perpetuo quotidiano . ad uso del Capitolo della Cattedrale . per concessione di (Papa) Benedetto XIV.

 

Una curiosità: Il fatto che in questa chiesa, S. Francesco Saverio sia raffigurato, su tela, per ben tre volte, più avesse una cappella a lui dedicata, con fonte battesimale, (sacrificata nella ristrutturazione della seconda metà del settecento per far posto all’accesso alla nuova torre campanaria) ha una ragione particolare:  il promotore e il finanziatore di quella grandiosa ristrutturazione, che ci consegna questa chiesa nell’attuale conformazione, era il Priore Francesco Saverio Violani.  Evidentemente era molto devoto al Santo suo omonino e…ci teneva non essere dimenticato, ed a ragione, secondo me. 

 

Alla base del tamburo absidale: Il Coro dei Canonici della Collegiata: struttura in legno ad un ordine di stalli per i Canonici e sedili inferiori per i chierici serventi il Capitolo. Al centro, di fronte agli stalli, il badalone, il grosso leggio girevole che, tanti anni fa, reggeva due enormi volumi in pergamena dove i Salteri e la musica gregoriana dei Canti della liturgia delle Ore, erano scritti molto grandi per poter essere letti da lontano dai canonici seduti nei loro stalli.

 

Presbiterio : Altar Maggiore di stucco a finto marmo. In basso, in un pannello fra le volute a “cornu Evangeli” , cioè alla vs. sx,  l’iscrizione:         

Jacopo Filippo . Traversari Priore . fece nell’anno del Signore . 1767. Questi era il nipote del Priore Violani, che, alla morte dello zio, subentrerà, il 4 giugno 1760, nella carica di Priore e di finanziatore che porterà a compimento, nel 1795, la grande ristrutturazione durata circa 50 anni.

Dalla parte opposta, a “cornu Epistulae”, su identico pannello, lo stemma della Famiglia Traversari.

 

Alle pareti quadri di notevole pregio:

 

a sx  “DISCESA DELLO SPIRITO SANTO” (originariamente era la pala dell’altare dello Spirito Santo, posto in testa al braccio dx del Transetto, della Compagnia di 50 confratelli dei Mercanti di seta e l’altare di S. Lucia. Dovete pensare che nel 1874-75, il Vescovo Leonardo Giannotti, su disegno dell’Ing. Antonio Zannoni di Faenza,  trasformò questa cattedrale da una a tre navate, pertanto qui c’erano delle cappelle molto profonde che contenevano da due a tre altari ciascuna).

La tela è di autore ignoto, qualcuno lo attribuisce a scuola toscana del XVI-XVII sec. mentre qualchedun’altro lo ritiene di Scuola Bolognese alla maniera del Carracci e del Guercino,  dei primi del  XVI sec.

 

a dx “La SS. TRINITA’ E SANTI VARI” Questa era la pala d’altare dell’antico Monastero delle Monache Domenicane delle SS. Trinità, cioè l’ex-Seminario vescovile ed ora Residenza per Anziani. Anche questa è ritenuta di autore ignoto di scuola bolognese del XVII sec.  I Santi rappresentati sono:

-       in alto a sx : S. Ambrogio; in basso a sx: S. Agostino; al centro: S. Francesco di Saverio in estasi, (ecco la sua seconda rappresentazione),  S. Ignazio da Lojola, S. Girolamo (che rinuncia al cappello cardinalizio); a dx: S. Gregorio Magno papa.

 

L’ambone da dove vi parlo è opera contemporanea, in bronzo, di don Leonardo Poggiolini. Porta i simboli di Cristo nella simbologia zoomorfa: il Pellicano che nutre i suoi piccoli con la sua propria carne, il fuoco purificatore e la roccia perenne

 

In testa alla navata destra c’è la Cappella del SS. Sacramento: ridecorata nel 1938, con una bella “Cena di Emmaus” a tempera, in previsione del 1° Congresso Eucaristico Diocesano di Modigliana tenutosi dal 17 al 21 aprile 1940, con l’impiego di marmi pregiati, dalla ditta bolognese Luigi Cavara e figlio su progetto dell’Arch. Prof. Giuseppe Rivani, e decorata da Agostino Mazzanti, uno dei più  apprezzato decoratori di quei tempi in regione.  Prima del 1770 era la cappella di S. Giovanni decollato ante portam latinam del Sig. Carlo Fontana discendente di Sr. Teodora Fontana, dell’Ordine Agostiniano di Modigliana, morta in odore di santità nel 1620.

Dietro detta cappella (vi si accede sia dall’abside della stessa, che dal Coro) vi è un piccolo vano e in un angolo una colonna di mattoni e capitello in pietra serena scolpito a greche, di stile medievale. Trattasi di uno dei pochi resti visibili della antica Pieve romanica.

 

 


[1] Paolo Cignani – Conte - (Forlì 1709-1764) Allievo del padre Felice (m. 1724) va a Roma per perfezionarsi presso il marchigiano Francesco Mancini (già allievo del nonno Carlo a Bologna) La scelta della tavolozza intonata sugli accordi del rosso cupo e del blu avvicina la pala di Modigliana alle 8 commissionate a Polo dal Card. Merlini per la chiesa di S. Pellegrino ai Leziosi di Forlì, che rappresentano i dolori dei Maria e ivi collocate nel 1757 cronologicamente vicinissime alla pala di S. Stefano. Pieghe del piviale un po’ pesanti, ci indugia e scopre malamente il piede del Papa. E’ l’elaborazione del percorso stilistico da Carlo a Mancini che tende negli anni ’50 ad una produzione classicheggiante colma di intenti puristi” La fig. di S. Pudenziana ha un elegante profilo che sancisce Paolo quale buon ritrattista.



Festa di S. Giuseppe

di E. Staffa

            La devozione popolare a S. Giuseppe, a Modigliana, è caduta in disuso attorno agli anni ’50. Chi era una ragazzo od un bambino in quegli anni, ricorderà, senz’altro, le grosse pigne che ci trascinavamo per strada legate ad un cordone e che poi, la sera, finivano nella stufa per farle schiudere, estrarne i pinoli che aprivamo, golosi, schiacciandoli con un ferro da stiro.  San Giuseppe allora era una festa importante, con tanto di grossa fiera bestiame nel foro boario. Nelle chiese, dagli altari laterali o dalle loro nicchie, venivano sortite le statue di S. Giuseppe e poste in bella vista per novene o tridui di preghiera. A quel tempo non era etichettato, come ora, “artigiano”, era semplicemente il silenzioso e amorevole patrigno di Gesù che guadagnava il pane per sé ed i suoi cari con il lavoro delle sue mani e vegliava sulla sua famiglia.

Recentemente, in un manoscritto anonimo del 1700, ho scoperto un inaspettato (almeno per me) attributo che, in quel secolo, si attribuiva a San Giuseppe.

Nell’allora Chiesa Collegiata di S. Stefano era stata istituita, dal piissimo Padre Giulio Brucalossi delle Scuole Pie (quelle di Piazza Pretorio), una  COMPAGNIA DI SAN GIUSEPPE, “eretta compitamente l’anno 1732”,  con miglia di aggregati che concorrevano a “celebrare annualmente la Festa di S. Giuseppe con solennissima  pompa e con panegirico preceduto da una divota novena con sacri colloqui sopra le virtù di questo Santo per viepiù infervorare ognuno alla divozione del medesimo, procacciarselo assistente alla morte come singolare protettore de moribondi.”

Inoltre…” Per bolla del Sommo Pontefice Clemente XII in data del dì 13  9mbre 1731 li confratelli e le consorelle di questa Compagnia di S. Giuseppe, che è quella del buon morire, godono indulgenza plenaria nel dì del loro ingresso, nella Festa del Santo e in altri giorni fra l’anno, adempiendo le solite condizioni. 

Conclude il nostro anonimo Cronista che: “Non alza questa Compagnia stendardo nelle processioni, usa però nelle sue funzioni cappa di cotone azzurro con grembiale rosso cucito d’avanti (sic!).  

A proposito di questo singolare attributo del Santo, nella bella chiesa delle Monache Agostiniane, la pala sull’altare laterale destro, raffigura San Giuseppe al momento del trapasso terreno, assistito dalla moglie e dal divin figlio, con i…consuoceri in nembo, che aspettano la sua anima che, gli angeli in attesa, condurranno prontamente in cielo.

 Commenti (0)Add Comment

 Scrivi un commento
quote
bold
italicize
underline
strike
url
image
quote
quote

security code
Trascrivi nello spazio sottostante i caratteri che appaiono nella riga qui sopra e procedi all’invio del commento, ma tieni presente che questo vuole essere uno spazio di confronto positivo, quindi eventuali messaggi con spirito polemico o contenenti offese, insulti o termini non consoni allo spirito del sito saranno rimossi.


busy
 
< Avanti
 
AGESCI
ANSPI
Azione Cattolica
Oratorio ACR
Catechisti, educatori...
Catechismo Sacramenti
Cammini di fede giovani
Incontri adulti e genitori
Gruppi caritativi
Pietre Vive Modigliana
Ministeri
Ultimi contenuti

 
Sito realizzato con Joomla! - Copyright 2024 Parrocchia di Modigliana