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Itinerai Artistico-Spirituali n. 11: Gli antichi teleri della Via Crucis del Venerdì Santo
07/04/2015
ITINERARI ARTISTICO-SPIRITUALI MODIGLIANESI  -  (11°)

Gli antichi teleri della Via Crucis del Venerdì Santo     


                                                                          di E. Staffa

          "Nelle feste e costumanze popolari della Settimana Santa sono rimaste anche in Romagna varie tracce dell'antico dramma sacro [...]  Ma la reliquia più importante [...] è senza dubbio  la  festa del Signor Morto  che si compie la sera del Venerdì Santo a Modigliana. Tale festa è fatta con maggior magnificenza ogni tre anni e allora dicesi festa grossa, con minor apparto gli altri anni ma sempre con enorme concorso di pubblico venuto dalle campagne e dai paesi circostanti." struttura_bianco_e_nero.jpg

Così scriveva Paolo Toschi[1] nel 1925 circa la tradizione delle processioni drammatiche. E continua:

            "[...] La festa incomincia sulle otto e mezza di sera e dura fin verso le dieci. [...]  Dal Duomo parte la lunga processione: precede la compagnia dei Bianchi in tonaca bianca, con sopra una piccola cappa scarlatta, segue una schiera di fanciulli vestiti da angioli, ognuno dei quali  tiene in mano i vari segni della crocifissione, il martello, i chiodi, una piccola scala a piuoli, ecc. Viene quindi il Gesù Morto steso sul feretro portato fa quattro uomini della compagnia della Misericordia in cappa nera; tien dietro la statua della Madonna in atteggiamento doloroso, anch'essa portata a mano da uomini della Misericordia, attorniati e seguiti  da molti altri portanti fiaccole accese. Tutto questo  gruppo è circondato dai ladroni, alcuni a piedi, altri a cavallo, vestiti alla romana con scudi, elmi, corazze, spade, ecc.

             [...] la processione gira per le vie principali del paese, lungo le quali, sulla facciata di alcune case sono spiegate delle grandi tele dipinte, rappresentanti i diversi momenti della Via Crucis. ..."


Per la verità, quelle grandi tele (m. 1,40 x 2,75) sono 28 e solo 14 di esse rappresentano le classiche stazioni della Via Crucis. Le rimanenti raffigurano fatti salienti della vita di Cristo. Alla gara per la loro realizzazione concorse anche il grande macchiaiolo Silvestro Lega, ma un "mastro pittore in ornato e decoratore in legno"  locale, certo Vittorio Baccherini, marito della sorella di Don Giovanni Verità, si aggiudicò il lavoro per pochi centesimi in meno del grande pittore.

Furono realizzate dal suddetto artista molto probabilmente, fra il 1865 ed il 1870, in collaborazione con il fratello Germano, sacerdote e pittore.

Sono arrivate fino a noi accatastate nella soffitta del Vescovado e sono piuttosto malconce per l'annuale utilizzo per almeno 70 anni,  cioè fino all'inizio degli anni 40 del 900, e, abbandonate nell'incuria più assoluta, per i restanti 70.


Nell'ambito  del progetto culturale : "MEMORIE RELIGIOSE MODIGLIANESI"
nell' Appartamento Storico dei Vescovi di Modigliana


"Mostra degli antichi teleri della Via Crucis del Venerdì Santo"

24 di queste "grandi tele" saranno esposte, con alcune foto dell'epoca, in un importante recupero delle testimonianze della tradizione religiosa cittadina, spiegato dal sottoscritto, nella visita guidata per l'inaugurazione che avrà luogo venerdì 27 marzo alle ore 18,00.  La mostra chiuderà alle 20,00 di domenica 12 aprile.

Nel 1931  lo scrittore e giornalista modiglianese Michele Campana (n. 1885 - m. 1968) nei suoi ricordi di bambino (fra il 1900 ed il 1908) ricorda che la processione di Modigliana è imponente, più mistica e fantasiosa di altre simili. Anticamente si faceva la festa grossa ogni cinque anni poi ogni tre, ma la processione in forma ordinaria si teneva tutti gli anni la sera del Venerdì Santo e durava assai più di un'ora .


[...] "Appena le ombre della notte calavano la processione muoveva dalla cattedrale. Apriva  il lunghissimo corteo, che si era andato ordinando in piazza del Duomo e nelle viuzze adiacenti, un gruppo di cavalieri romani..." (con le lance, un lenzuolo  sulla spalla come toga ed in testa elmetti da dragoni o corazzieri dell'Esercito Italiano).

caduta.jpg            "Ma il gruppo tutto insieme era pittoresco. Si abbandonava a corse strigliate e caracollate per aprire un varco alla processione fra la gran folla che gremiva tutte le vie e che era arrivata quassù da tutti i paesi della bassa Romagna e da tutti quelli dell'Appennino.

           Sul largo, aperto da questi primi cavalieri, ad una certa e prudente distanza procedevano i 'giudici'. Erano due personalità del paese vestivano soprabito nero e tuba.

              Seguivano gli "angioletti" Erano i più bei bambini di Modigliana fra i cinque e sette anni. Vestivano in maglia carnicina con due alette di cartone nella schiena ed una coroncina di alloro intorno al capo. Portavano nelle  mani i segni della Passione cioè, la scala, la canna, la spugna, del fiele, i dadi, il galletto di San Pietro, le chiode della Crocifissione, il martello, le tenaglie di Aristodemo, la lancia che ferì il costato ed altre.

            Dopo gli angioletti venivano "le vergini" vestite di bianco, con una  coroncina di fiori intorno ai capelli che scendevano liberi e lunghi sulle spalle.

             Alle vergini seguivano le varie Confraternite, cioè i Bianchi, i Rossi  ed altri in camice candido e rocchetti colorati, colle torce in mano. Venivano sotto i loro pesanti spettacolari stendardi, per alcuni dei quali occorrevano tre persone a   portarli. [...]

            Ecco la banda cittadina che intonava marce funebri, come ad un trasporto  mortuario [...] Il senso di austerità era poi aumentato dalle torce a vento dei fratelli della Misericordia in cappe nere e viso mascherato. Essi in due lunghe file nere fiancheggiavano il clero della Cattedrale in paramenti funebri.

            Subito dopo era portata a braccia la bara del Gesù Morto, ai fianchi della quale marciavano a piedi due file di "ladroni" cioè quei soldatacci del Sinedrio che avevano condotto il Salvatore al Calvario. Ed erano veramente "ladroni " e  "barabbi" nell'aspetto e nel vestito con scialli svolazzanti, con barbe mostruose, con facce tutte unte con nero di padella.

             La bara del Cristo Morto veniva portata a turno da contadini in cappa nera che si erano contesi l'onore del trasporto a suon di staia di grano.

           Alla bara che avanzava lenta fra una moltitudine che si prostrava in ginocchio, seguivano tutte le autorità cittadine in abito nero, quindi veniva il gruppo delle donne e delle madri, pure vestite di nero colla faccia coperta con il velo funebre che attorniavano la statua della Madonna  Addolorata, alta sulla folla. [...] Dopo la Madonna veniva un altro gruppo di "ladroni" parte a piedi e parte a cavallo che andava dietro a una fiumana nereggiante di popolo che seguiva con ondate limacciose e rumorose. [...] Il corso Garibaldi  [...] veniva addobbato e decorato per la circostanza con archi di luci, pavesi neri e luci alle finestre dei  palazzi. [...] Lungo il corso, appoggiati alle pareti, erano messi, vasti pannelli decorativi rappresentanti la vita di Gesù e specie della Passione. In tutto il loro insieme costituivano una fantastica ridda di colori. Attorno alle loro cornici correva una fila di lumini e fra essi sul corso un grande arco pieno di lumini. Il corso Garibaldi finiva con il parterre, cioè un parco alberato dove adesso sorge il monumento a don Giovanni Verità. Qui si   innalzava il Calvario, cioè un rialzo di terra con tre grandi croci di legno [...]

           Appena la testa della processione appariva al principio del corso, le migliaia e migliaia di lumini degli archi, dei pannelli decorativi chiamati "le stazioni", il  Calvario, le Croci, si illuminavano tutti in una volta ad uno squillo di cornetta. Ed era  una cosa veramente stupenda ed abbagliante per quei tempi, che non c'era ancora la illuminazione elettrica. Suscitava nella imponente folla un grido di ammirazione. [...] La processione portava il Gesù Morto sul Calvario e sotto le tre Croci veniva deposto sull'apposito catafalco. Il Vescovo impartiva la benedizione a tutta la folla che gremiva all'inverosimile il corso per quanto è lungo. Poi si ritornava indietro."


Da documentazione varia ritrovata nell'archivio della parrocchia, appare che l'organizzazione della processione del Venerdì Santo non è cosa semplice. La Confraternita del SS. Sacramento, del Gesù Morto e di S. Giuseppe, nomina degli appositi Priori che... s'impegnino a non sforare il badget stabilito (£730 contro un preventivo di £765) e che a "tutto loro rischio e danno si addossino tutte le spese e che col ricavato ancora delle sottoscrizioni, perfino a pagare l'illuminazione architettonica istantanea, il corpo filarmonico le spese di cera etc.  tutto compreso e nulla eccettuato." (Verbale dell'adunanza del 31 marzo 1892). Il confratello Presidente, il Governatore, il Camerlengo, i Segretario, il Cappellano, i Consiglieri etc. ognuno ha un compito preciso e spesso ingrato come quando non si riesce a raccogliere, con la questua del grano, la somma sufficiente per far fronte alle spese o vedersi rifiutare dalla Questura il permesso di effettuare la processione per il paese ma solo all'interno della cattedrale, oppure che rientri in chiesa entro le sei pomeridiane o al suono dell'Ave Maria. L'obbligo che il "Calvario" sia ad almeno 50 metri dal monumento per non oscurare Don Giovanni, oppure l'abolizione delle "processioni religiose perturbatrici della quiete paesana e quali manifestazioni antitetiche al libero spirito dei tempi ed alla progressiva evoluzione delle idee" approvata nel Consiglio Comunale del 10 settembre 1907 con 12 voti favorevoli, 2 astenuti, 1 contrario; o la proibizione, come nel 1939, dell'uso dei cavalli.  Ma Elisa Bandini, con l'autentica passione che la distingue per le tracce lasciate su antiche carte ingiallite, ci racconta qualcosa di più specifico e sorprendente sulla complessa macchina organizzativa della Processione del Venerdì Santo, di metà ottocento,  nel nostro paese.

Nel 1925 Paolo Toschi[1] a proposito della tradizione delle processioni drammatiche, scriveva:

             "la più importante [...] è senza dubbio  la  festa del Signor Morto  che si             compie la sera del Venerdì Santo a Modigliana.  [...] " La processione gira per le vie        principali del paese, lungo le quali, sulla facciata di alcune case sono spiegate delle    grandi tele dipinte, rappresentanti i diversi momenti della Via Crucis. ..."

Per la verità quelle grandi tele (1,40 x 2,75) arrivate fino a noi accatastate nella soffitta del Vescovado, danneggiate dall'abbandono, dal tempo e dai piccioni, sono 28!   14 di queste raffigurano le stazioni classiche della Via Crucis, le rimanenti, raffigurano alcuni fatti salienti della vita di Cristo.

Fra le carte del vecchio Priore e di Don Bassetti, ho trovato due foto che mostrano le famose stazioni della Via Crucis, e ve ne propongo degli ingrandimenti. Non si riferiscono però alla processione del Venerdì Santo che si svolgeva in notturna, ma, molto probabilmente, a quella della domenica 21 aprile 1940, in occasione della conclusione del  1° Congresso Eucaristico Diocesano.  Lo deduco dal fatto che nella foto n° 2 si contano 14 Vescovi ed uno straordinario concorso di popolo. (foto n°1)
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foto n. 1

            Nella copia del Numero Unico pubblicato per la ricorrenza, ed esposto lì sul tavolo, a pag. 7 si possono vedere i nomi e volti dei 16 Vescovi che avevano dato l'adesione alla celebrazione di quel Congresso Eucaristico, ai quali bisogna aggiungere il Vescovo di Modigliana Mons. Massimiliano Massimiliani, che l'aveva fortemente voluto.

                  La presenza delle stazioni della Via Crucis, nonostante la processione del Venerdì Santo avesse avuto luogo un mese prima, esattamente la sera del 22 marzo, può spiegarsi solo con l'espressa volontà di voler rendere più significativo e solenne un tratto del percorso della processione Eucaristica di quella domenica. 

Come si può vedere, specie dalle foto n° 2 e 4, le Stazioni della Via Crucis ideate dai nostri vecchi, erano come degli alti "chioschi" triangolari, in legno, dalle eleganti linee rinascimentali, che ricordano un po' la facciata del Duomo di Orvieto. 

Ogni chiosco rappresentava una stazione ed era formato da due strutture uguali, montate ad angolo retto, contro le facciate delle case, sui due lati di via Garibaldi. I timpani acuti dei due frontoni, le guglie laterali ed i contorni della struttura, erano riccamente decorati, modellati e ornati di lumini o lampadine che, di sera, al momento della processione, illuminavano ed incorniciavano i dipinti contenuti all'interno e posti in modo da poter essere visti sia scendendo che risalendo il parterre.

I chioschi erano 7 per lato, e posti esattamente gli uni di fronte agli altri, per tutta la lunghezza di via Garibaldi, dall'attuale semaforo fino al monumento di Don Giovanni Verità.
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foto n.2

Erano intervallati da sottili archi trionfali in ferro, ornati con scudi dipinti e lampadine, sorretti, ai lati, da grossi pali scuri recanti altri scudi, una stella di lampadine ed alla sommità delle bandiere.  (Foto sopra)

Guardando ambedue le foto possiamo vedere che sul lato a salire della via Garibaldi, ci sono posizionati 7 chioschi ed i teleri all'interno che rivolti verso il semaforo, raffigurano rispettivamente: 

- quello dell'angolo negozio Calonici  :           la Condanna

- quello dell'angolo Bar Centrale        :           il Caricamento della croce

- quello presso la scaletta Museo Cittadino: la 1^ caduta sotto la croce

- da quello posto nell'angolo della Cassa dei Risparmi, come pure gli altri 3 a salire fino al giardini pubblici non si distinguono.

Le stazioni suddette sono chiaramente la I^, la II^ e la III^ della Via Crucis classica. Incernierati a questi teleri e rivolti verso il monumento di Don Giovanni, ce n'erano altri 7 raffiguranti i fatti della vita di Cristo.  La VII^ e l'VIII^ stazione, perciò, erano nelle due cantonate di via Garibaldi, davanti ai giardini pubblici. Dall'VIII^ alla XIV^ Stazione, i teleri, con le raffigurazioni della passione, erano rivolti verso il Monumento, mentre i corrispettivi 7 dei fatti della vita di Gesù erano rivolti a scendere. La XIV^ Stazione era in prossimità dell'attuale negozio di Erboristeria.  (Vedi foto 3).

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Posizione delle Stazioni: sette per ogni lato del Corso.                                 Foto n° 3

Poi la processione riprendeva via Amendola e tornava in Duomo.

Secondo la recente affermazione di una Signora modiglianese ultranovantenne, quella del Venerdì Santo, era la processione dei ricchi, specie quando si organizzava la "festa grossa" (che fino al 1920 circa, si effettuava ogni cinque anni e dopo il 1925 invece ogni tre ) perché serviva un tale impegno finanziario, fra luminarie e banda,  che solo i ricchi borghesi del paese potevano permettersi di contribuire a sostenere.

La Confraternita che organizzava la processione del Venerdì Santo, inviava in tutte le parrocchie della Diocesi e in tutte la case dei contadini, persone fidate e conosciute, per la questua del grano e la raccolta delle offerte che avrebbero garantito all'offerente, se voleva, l'onore di portare in processione, per un tratto, il feretro del Cristo. Inoltre l'ipotesi che fosse una processione per ricchi è avvalorata anche dal fatto che il percorso era quasi esclusivamente a beneficio delle case dei ricchi in quanto si svolgeva, nel suo maggior splendore, esclusivamente lungo via Garibaldi. Solo nelle "feste grosse" scendeva anche nella Piazza della Tribuna, risaliva per il Borgo della Surghina, via Don Verità e via Amendola per far ritorno in Duomo per la predica conclusiva. Ma in questo percorso supplementare non c'erano luminarie.

Ed ora esaminiamo i teleri veri e propri in quanto i "chioschi"  decorati, lavorati ed illuminati che li contenevano, non sono stati ritrovati.

Lavorando alla loro massacrante ripulitura, al meglio delle nostre possibilità e senza mezzi adeguati, io etelero.jpg Gualtiero Matteucci, che approfitto per ringraziare pubblicamente della sua disponibilità, ci siamo resi conto che il pittore ha speculato sulla qualità della tela usata e sull'impiego del colore che ha utilizzato con molta parsimonia. Invece di un tessuto consistente, ne ha utilizzato uno molto sottile e senza applicarvi l'apposita ed indispensabile imprimitura.  La tela non ha resistito alla "cottura" del tempo e della polvere divenendo fragilissima. Ai numerosi rattoppi applicati da noi questi giorni, per contenere i danni, si possono vedere anche quelli dei 70 anni precedenti e non proprio di alta qualità.

La paternità di queste 28 tele è ancora incerta fra i due fratelli Baccherini:  Vittorio nato nel 1802 di professione pittore e decoratore, e Germano, sacerdote e pittore, nato nel 1805, nipoti di quel Giuseppe Baccherini autore della pala dell'Immacolata Concezione che ammiriamo nel transetto del Duomo. Alla gara per la loro realizzazione concorse anche il grande pittore Silvestro Lega, ma, come scrive Don Becattini,  un "mastro pittore in ornato e decoratore in legno"  locale, certo Vittorio Baccherini, marito di Margherita, sorella di Don Giovanni Verità, si aggiudicò il lavoro per pochi centesimi in meno del grande Macchiaiolo. Il pittore le realizzò, molto probabilmente, fra il 1865 ed il 1870. Un vecchio modiglianese ha affermato invece, recentemente, che erano state dipinte da un prete. Stessa cosa la sosteneva anche la Prof.ssa  Alba Maria Continelli, nel 1986, come studiosa di Lega, informando Giuliano Matteucci, l'autore dei due vol. "Lega, l'opera completa"  Ediz. Giunti - Firenze - 1987, che l'autore era il Sacerdote pittore Germano Baccherini. 

            Probabilmente ambedue le versioni sono giuste perché, molto verosimilmente, i due fratelli hanno collaborato strettamente.  La pennellata sembra essere di persona usa a dipingere come Vittorio, che lo faceva di mestiere, mentre l'impianto scenico, i dettagli delle ambientazioni sono accurati, pertanto, molto probabilmente, ideati o disegnati dal fratello Sacerdote che, come tale, non avrebbe potuto concorrere alla gara indetta per la loro realizzazione.

Esaminando le 28 tele, nelle fattezze dei personaggi, nei colori e nelle fogge degli abiti, si incontrano stranezze ed ingenuità che fanno sorridere come,  ad  es., il  perizoma blue del Cristo nella  flagellazione, rosso nella coronazione di spine e bianco nella discesa del corpo dalla croce.
Il Cristo è quasi sempre rappresentato di un pallore cadaverico, con un improbabile profilo "greco" ed i capelli di un rosso tizianesco!
Le proporzioni anatomiche dei personaggi, spesso, lasciano molto a desiderare. Numerose teste "microcefale" su corpi abnormi.
Le fattezze femminili non sono dolci ed aggraziate ma dure ed angolose come quelle maschili.   (Vedi per es.:  la Madre ai piedi della croce)
I profili così detti "greci" (fronte e naso in linea dritta) sono tratti somatici non certo frequenti nel nostro territorio, eppure sono la maggioranza.

"Chiosco" - Stazione  con telere                    Foto n° 4

Nonostante i personaggi delle vicende siano quasi sempre gli stessi, non c'è la ripetitività delle sembianze come ci si aspetterebbe. Stessa cosa per gli abiti, i loro colori ed i copricapo. Questi ultimi, specie quelli degli armigeri, in alcune scene, sono sormontati da colorati piumaggi che ricordano piuttosto i fantasiosi elmi dei cavalieri dei tornei medievali  invece degli elmetti dei legionari romani.  D'altronde, nei panorami che fanno da sfondo a certe raffigurazioni, ci sono spesso torri e castelli medievali che si stagliano contro cieli romantici o drammatici, fra profili montagnosi incisivi. Alcuni personaggi mostrano baffetti e pizzetti alla Vittorio Emanuele; piuttosto improbabili per l'epoca di Gesù! Tutto sommato, questi teleri, seppure naïf, non sono brutti. Peccato che la realizzazione a tempera e con tavolozza magra e piuttosto limitata, neghi loro  quella  lucentezza  e  quell'incisività  dei  quadri  ad  olio.  Qua   e là   ci  sono soluzioni  sorprendenti  come  i  variegati  fondali  e l'originale fonte di luce rappresentata nella tela del bacio di Giuda, qui sotto, mentre la figura anatomicamente più "sgraziata" è, senz'altro, il San Giovanni sotto la Croce.

[1] P. Toschi : Romagna Solatia per le scuole medie e le persone colte.  Milano 1925, pp. 207-209 (da STUDI ROMAGNOLI  LXIV (2013) pag. 61 - Stilgraf - Cesena)

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Il criterio di esposizione che ho utilizzato per i teleri che vedrete, segue i dettami della Chiesa. Infatti, dall'androne d'ingresso, nei pianerottoli, nel corridoio e nell'ingresso dell'appartamento storico, troverete le raffigurazioni dei "Vangeli della Quaresima"  di quest'anno,  le scene dei maltrattamenti subiti da Gesù e le prime Stazioni della Via Crucis. Nel corridoio, del Salone, nel Salone, nello Studio e nella Cappella del Vescovo invece, le restanti Stazioni. In soffitta sono rimasti due teleri non attinenti ai Vangeli della Quaresima di quest'anno e raffiguranti "La guarigione dell'indemoniato" e "La cacciata dei mercanti dal Tempio" mentre, in Biblioteca, sono esposti in permanenza "Gesù cammina sulle acque"  e  "Gesù nel Tempio fra i Dottori".

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ITINERARIO FOTOGRAFICO  DELLA MOSTRA

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