"Nelle feste e costumanze popolari
della Settimana Santa sono rimaste anche in Romagna varie tracce dell'antico
dramma sacro [...] Ma la reliquia più importante
[...] è senza dubbio la festa
del Signor Morto
che si compie la sera del Venerdì Santo a
Modigliana. Tale festa è fatta con maggior magnificenza ogni tre anni e allora
dicesi festa grossa,
con minor apparto
gli altri anni ma sempre con enorme concorso di pubblico venuto dalle campagne
e dai paesi circostanti."
Così scriveva Paolo Toschi
[1]
nel 1925 circa la tradizione delle processioni drammatiche. E continua:
"[...]
La festa incomincia sulle otto e mezza di sera e dura fin verso le dieci.
[...] Dal Duomo parte la lunga
processione: precede la compagnia dei Bianchi in tonaca bianca, con sopra una
piccola cappa scarlatta, segue una schiera di fanciulli vestiti da angioli,
ognuno dei quali tiene in mano i vari
segni della crocifissione, il martello, i chiodi, una piccola scala a piuoli,
ecc. Viene quindi il Gesù Morto steso sul feretro portato fa quattro uomini
della compagnia della
Misericordia
in cappa nera; tien dietro
la statua della Madonna in atteggiamento doloroso, anch'essa portata a mano da
uomini della Misericordia, attorniati e seguiti
da molti altri portanti fiaccole accese. Tutto questo gruppo è circondato dai ladroni,
alcuni a piedi, altri a cavallo, vestiti
alla romana con scudi, elmi, corazze, spade, ecc.
[...] la processione gira per le vie
principali del paese, lungo le quali, sulla facciata di alcune case sono
spiegate delle grandi tele dipinte,
rappresentanti i diversi momenti della Via Crucis. ..."
Per la verità, quelle grandi tele (m.
1,40 x 2,75) sono 28 e solo 14 di esse rappresentano le classiche stazioni
della Via Crucis. Le rimanenti raffigurano fatti salienti della vita di Cristo.
Alla gara per la loro realizzazione concorse anche il grande macchiaiolo Silvestro
Lega, ma un
"mastro pittore in
ornato e decoratore in legno" locale, certo
Vittorio Baccherini, marito della sorella di Don Giovanni Verità,
si aggiudicò il lavoro per pochi centesimi in meno del grande pittore.
Furono realizzate dal suddetto
artista molto probabilmente, fra il 1865 ed il 1870, in collaborazione con il
fratello Germano, sacerdote e pittore.
Sono arrivate fino a noi accatastate
nella soffitta del Vescovado e sono piuttosto malconce per l'annuale utilizzo per
almeno 70 anni, cioè fino all'inizio degli
anni 40 del 900, e, abbandonate nell'incuria più assoluta, per i restanti 70.
Nell'ambito del progetto culturale : "MEMORIE RELIGIOSE
MODIGLIANESI"
nell'
Appartamento
Storico dei Vescovi di Modigliana
"Mostra degli antichi teleri della Via Crucis del
Venerdì Santo"
24
di queste
"grandi tele"
saranno esposte, con alcune foto dell'epoca, in un importante recupero delle
testimonianze della tradizione religiosa cittadina,
spiegato dal sottoscritto, nella visita guidata per
l'inaugurazione che avrà luogo venerdì 27 marzo alle ore 18,00. La mostra chiuderà alle 20,00 di domenica 12
aprile.
Nel
1931 lo scrittore e giornalista modiglianese
Michele Campana (n. 1885 - m. 1968) nei
suoi ricordi di bambino (fra il 1900 ed il 1908) ricorda che la processione di
Modigliana è imponente, più mistica e fantasiosa di altre simili. Anticamente
si faceva la
festa grossa ogni cinque anni poi ogni tre, ma la
processione in forma ordinaria si teneva tutti gli anni la sera del Venerdì Santo
e durava assai più di un'ora .
[...] "Appena le ombre della notte calavano la processione muoveva dalla
cattedrale. Apriva il lunghissimo corteo, che si era andato
ordinando in piazza del Duomo e nelle
viuzze adiacenti, un gruppo di cavalieri romani..." (con le lance, un
lenzuolo sulla spalla come toga
ed in testa elmetti da dragoni o corazzieri dell'Esercito Italiano).
"Ma
il gruppo tutto insieme era pittoresco. Si abbandonava a corse strigliate e caracollate per aprire un varco alla
processione fra la gran folla che gremiva tutte le vie e che era arrivata quassù da tutti i paesi della
bassa Romagna e da tutti quelli dell'Appennino.
Sul
largo, aperto da questi primi cavalieri, ad una certa e prudente distanza procedevano i 'giudici'. Erano
due personalità del paese vestivano soprabito
nero e tuba.
Seguivano
gli "angioletti" Erano i più bei bambini di Modigliana fra i cinque e sette anni. Vestivano in
maglia carnicina con due alette di cartone nella
schiena ed una coroncina di alloro intorno al capo. Portavano nelle mani i segni della Passione cioè, la
scala, la canna, la spugna, del fiele, i dadi, il galletto di San Pietro, le chiode della Crocifissione, il
martello, le tenaglie di Aristodemo,
la lancia che ferì il costato ed altre.
Dopo gli angioletti venivano "le
vergini" vestite di bianco, con una
coroncina di fiori intorno ai capelli che scendevano liberi e
lunghi sulle spalle.
Alle
vergini seguivano le varie Confraternite, cioè i Bianchi, i Rossi ed altri in camice
candido e rocchetti colorati, colle torce in mano. Venivano sotto i loro pesanti spettacolari stendardi, per alcuni
dei quali occorrevano tre persone a portarli.
[...]
Ecco
la banda cittadina che intonava marce funebri, come ad un trasporto mortuario
[...] Il senso di austerità era poi aumentato dalle torce a vento dei fratelli della Misericordia in cappe nere e viso mascherato. Essi in
due lunghe file nere fiancheggiavano
il clero della Cattedrale in paramenti funebri.
Subito
dopo era portata a braccia la bara del Gesù Morto, ai fianchi della quale marciavano a piedi due file di
"ladroni" cioè quei soldatacci del Sinedrio che avevano condotto il Salvatore al Calvario. Ed erano veramente
"ladroni " e "barabbi" nell'aspetto
e nel vestito con scialli svolazzanti, con barbe mostruose, con facce
tutte unte con nero di padella.
La
bara del Cristo Morto veniva portata a turno da contadini in cappa nera che si erano contesi l'onore del
trasporto a suon di staia di grano.
Alla bara che avanzava lenta fra una
moltitudine che si prostrava in ginocchio,
seguivano tutte le autorità cittadine in abito nero, quindi veniva il gruppo delle donne e delle madri, pure vestite
di nero colla faccia coperta con il velo funebre
che attorniavano la statua della Madonna
Addolorata, alta sulla folla. [...] Dopo
la Madonna veniva un altro gruppo di "ladroni" parte a piedi e parte a cavallo che andava dietro a una fiumana
nereggiante di popolo che seguiva con ondate
limacciose e rumorose. [...] Il corso Garibaldi
[...] veniva addobbato e decorato
per la circostanza con archi di luci, pavesi neri e luci alle finestre dei palazzi. [...] Lungo il corso, appoggiati alle pareti, erano messi, vasti pannelli decorativi rappresentanti la vita di
Gesù e specie della Passione. In tutto il loro
insieme costituivano una fantastica
ridda di colori. Attorno alle loro cornici correva
una fila di lumini e fra essi sul
corso un grande arco pieno di lumini. Il
corso Garibaldi finiva con il
parterre, cioè un parco alberato dove adesso sorge
il monumento a don Giovanni Verità. Qui si innalzava
il Calvario, cioè un rialzo di
terra con tre grandi croci di legno [...]
Appena la testa della processione
appariva al principio del corso, le migliaia e
migliaia di lumini degli archi, dei pannelli decorativi chiamati "le stazioni",
il Calvario, le Croci, si illuminavano
tutti in una volta ad uno squillo di cornetta. Ed era una cosa veramente stupenda ed abbagliante per quei tempi,
che non c'era ancora la
illuminazione elettrica. Suscitava nella imponente folla un grido di
ammirazione. [...] La
processione portava il Gesù Morto sul Calvario e sotto le tre Croci veniva deposto sull'apposito catafalco. Il
Vescovo impartiva la benedizione a tutta la folla che gremiva all'inverosimile il corso per quanto è lungo.
Poi si ritornava indietro."
Da documentazione varia ritrovata
nell'archivio della parrocchia, appare che l'organizzazione della processione
del Venerdì Santo non è cosa semplice. La Confraternita del SS. Sacramento, del
Gesù Morto e di S. Giuseppe, nomina degli appositi Priori che... s'impegnino a
non sforare il badget stabilito (£730 contro un preventivo di £765) e che a
"tutto loro rischio e danno si
addossino tutte le spese e che col ricavato ancora delle sottoscrizioni,
perfino a pagare l'illuminazione architettonica istantanea, il corpo
filarmonico le spese di cera etc. tutto
compreso e nulla eccettuato." (Verbale dell'adunanza del 31 marzo
1892). Il
confratello Presidente, il Governatore, il Camerlengo, i Segretario, il
Cappellano, i Consiglieri etc. ognuno ha un compito preciso e spesso ingrato
come quando non si riesce a raccogliere, con la questua del grano, la somma
sufficiente per far fronte alle spese o vedersi rifiutare dalla Questura il
permesso di effettuare la processione per il paese ma solo all'interno della
cattedrale, oppure che rientri in chiesa entro le sei pomeridiane o al suono
dell'Ave Maria. L'obbligo che il "Calvario" sia ad almeno 50 metri
dal monumento per non oscurare Don Giovanni, oppure l'abolizione delle
"processioni religiose perturbatrici
della quiete paesana e quali manifestazioni antitetiche al libero spirito dei
tempi ed alla progressiva evoluzione delle idee" approvata nel
Consiglio Comunale del 10 settembre 1907 con 12 voti favorevoli, 2 astenuti, 1
contrario; o la proibizione, come nel 1939, dell'uso dei cavalli. Ma
Elisa
Bandini, con l'autentica passione che la distingue per le tracce lasciate
su antiche carte ingiallite, ci racconta qualcosa di più specifico e
sorprendente sulla complessa macchina organizzativa della Processione del
Venerdì Santo, di metà ottocento, nel
nostro paese.
Nel 1925 Paolo Toschi
[1]
a proposito della tradizione delle
processioni
drammatiche, scriveva:
"la
più importante [...] è senza dubbio
la festa
del Signor Morto
che si compie la sera
del Venerdì Santo a Modigliana. [...] " La processione gira per le vie principali del paese, lungo le quali,
sulla facciata di alcune case sono spiegate delle grandi tele dipinte,
rappresentanti i diversi momenti della Via Crucis. ..."
Per la verità quelle grandi tele (1,40
x 2,75) arrivate fino a noi accatastate nella soffitta del Vescovado,
danneggiate dall'abbandono, dal tempo e dai piccioni, sono 28! 14 di queste raffigurano le stazioni
classiche della Via Crucis, le rimanenti, raffigurano alcuni fatti salienti
della vita di Cristo.
Fra le carte del vecchio Priore e di
Don Bassetti, ho trovato due foto che mostrano le famose stazioni della Via
Crucis, e ve ne propongo degli ingrandimenti. Non si riferiscono però alla
processione del Venerdì Santo che si svolgeva in notturna, ma, molto
probabilmente, a quella della domenica 21 aprile 1940, in occasione della
conclusione del
1° Congresso Eucaristico Diocesano.
Lo deduco dal fatto che nella foto n° 2 si contano 14 Vescovi ed uno
straordinario concorso di popolo. (foto n°1)
foto n. 1
Nella copia del Numero Unico
pubblicato per la ricorrenza, ed esposto lì sul tavolo, a pag. 7 si possono vedere
i nomi e volti dei 16 Vescovi che avevano dato l'adesione alla celebrazione di
quel
Congresso Eucaristico, ai quali
bisogna aggiungere il Vescovo di Modigliana Mons. Massimiliano Massimiliani,
che l'aveva fortemente voluto
.
La
presenza delle stazioni della Via Crucis, nonostante la processione del Venerdì Santo avesse avuto
luogo un mese prima, esattamente la sera del 22 marzo,
può spiegarsi solo con l'espressa volontà di voler rendere più
significativo e solenne un tratto del percorso della processione Eucaristica di
quella domenica.
Come si può vedere, specie dalle
foto n° 2 e 4, le Stazioni della Via Crucis ideate dai nostri vecchi, erano
come degli alti "chioschi" triangolari, in legno, dalle eleganti
linee rinascimentali, che ricordano un po' la facciata del Duomo di
Orvieto.
Ogni
chiosco rappresentava una stazione ed era formato da due strutture uguali,
montate ad angolo retto, contro le facciate delle case, sui due lati di via
Garibaldi. I timpani acuti dei due frontoni, le guglie laterali ed i contorni
della struttura, erano riccamente decorati, modellati e ornati di lumini o
lampadine che, di sera, al momento della processione, illuminavano ed
incorniciavano i dipinti contenuti all'interno e posti in modo da poter essere
visti sia scendendo che risalendo il
parterre.
I
chioschi erano 7 per lato, e posti esattamente gli uni di fronte agli altri,
per tutta la lunghezza di via Garibaldi, dall'attuale semaforo fino al
monumento di Don Giovanni Verità.
foto n.2
Erano intervallati da sottili archi
trionfali in ferro, ornati con scudi dipinti e lampadine, sorretti, ai lati, da
grossi pali scuri recanti altri scudi, una stella di lampadine ed alla sommità
delle bandiere. (Foto sopra)
Guardando ambedue le foto possiamo
vedere che sul lato a salire della via Garibaldi, ci sono posizionati 7
chioschi ed i teleri all'interno che rivolti verso il semaforo, raffigurano
rispettivamente:
- quello dell'angolo negozio
Calonici : la Condanna
- quello dell'angolo Bar Centrale : il
Caricamento della croce
- quello presso la scaletta Museo
Cittadino: la 1^ caduta sotto la croce
- da quello posto nell'angolo della
Cassa dei Risparmi, come pure gli altri 3 a salire fino al giardini pubblici non si distinguono.
Le stazioni suddette sono
chiaramente la I^, la II^ e la III^ della Via Crucis classica. Incernierati a
questi teleri e rivolti verso il monumento di Don Giovanni, ce n'erano altri 7
raffiguranti i fatti della vita di Cristo. La VII^ e l'VIII^ stazione, perciò, erano
nelle due cantonate di via Garibaldi, davanti ai giardini pubblici. Dall'VIII^
alla XIV^ Stazione, i teleri, con le raffigurazioni della passione, erano
rivolti verso il Monumento, mentre i corrispettivi 7 dei fatti della vita di
Gesù erano rivolti a scendere. La XIV^ Stazione era in prossimità dell'attuale
negozio di Erboristeria. (Vedi foto 3).
Posizione delle Stazioni: sette per ogni
lato del Corso. Foto n° 3
Poi la
processione riprendeva via Amendola e tornava in Duomo.
Secondo la recente affermazione di
una Signora modiglianese ultranovantenne, quella del Venerdì Santo, era la
processione dei ricchi, specie quando si organizzava la
"festa grossa" (che fino al 1920 circa, si effettuava
ogni cinque anni e dopo il 1925 invece ogni tre ) perché serviva un tale
impegno finanziario, fra luminarie e banda,
che solo i ricchi borghesi del paese potevano permettersi di contribuire
a sostenere.
La Confraternita che organizzava la
processione del Venerdì Santo, inviava in tutte le parrocchie della Diocesi e
in tutte la case dei contadini, persone fidate e conosciute, per la questua del
grano e la raccolta delle offerte che avrebbero garantito all'offerente, se
voleva, l'onore di portare in processione, per un tratto, il feretro del
Cristo. Inoltre l'ipotesi che fosse una processione per ricchi è avvalorata
anche dal fatto che il percorso era quasi esclusivamente a beneficio delle case
dei ricchi in quanto si svolgeva, nel suo maggior splendore, esclusivamente
lungo via Garibaldi. Solo nelle "feste grosse" scendeva anche nella
Piazza della Tribuna, risaliva per il Borgo della Surghina, via Don Verità e
via Amendola per far ritorno in Duomo per la predica conclusiva. Ma in questo
percorso supplementare non c'erano luminarie.
Ed ora esaminiamo i teleri veri e propri
in quanto i "chioschi"
decorati, lavorati ed illuminati che li contenevano, non sono stati
ritrovati.
Lavorando alla loro massacrante
ripulitura, al meglio delle nostre possibilità e senza mezzi adeguati, io e

Gualtiero Matteucci, che approfitto per ringraziare pubblicamente della
sua
disponibilità, ci siamo resi conto che il pittore ha speculato sulla qualità
della tela usata e sull'impiego del colore che ha utilizzato con molta
parsimonia. Invece di un tessuto consistente, ne ha utilizzato uno molto
sottile e senza applicarvi l'apposita ed indispensabile imprimitura. La tela non ha resistito alla "cottura"
del tempo e della polvere divenendo fragilissima. Ai numerosi rattoppi
applicati da noi questi giorni, per contenere i danni, si possono vedere anche
quelli dei 70 anni precedenti e non proprio di alta qualità.
La paternità di queste 28 tele è ancora incerta fra i due
fratelli Baccherini: Vittorio
nato nel 1802 di professione pittore e decoratore, e
Germano, sacerdote e pittore, nato nel 1805, nipoti di
quel
Giuseppe Baccherini autore della pala dell'
Immacolata Concezione che
ammiriamo nel transetto del Duomo. Alla gara per la loro realizzazione concorse
anche il grande pittore
Silvestro Lega,
ma, come scrive Don Becattini, un
"mastro pittore in ornato e decoratore
in legno" locale, certo
Vittorio Baccherini, marito di
Margherita, sorella di Don Giovanni Verità, si aggiudicò il lavoro per pochi
centesimi in meno del grande Macchiaiolo. Il pittore le realizzò, molto
probabilmente, fra il 1865 ed il 1870. Un vecchio modiglianese ha affermato invece,
recentemente, che erano state dipinte da un prete. Stessa cosa la sosteneva
anche la Prof.ssa Alba Maria Continelli,
nel 1986, come studiosa di Lega, informando Giuliano Matteucci, l'autore dei
due vol.
"Lega, l'opera completa"
Ediz. Giunti - Firenze - 1987, che
l'autore era il Sacerdote pittore
Germano
Baccherini.
Probabilmente ambedue le versioni sono
giuste perché, molto verosimilmente, i due fratelli hanno collaborato
strettamente. La pennellata sembra
essere di persona usa a dipingere come Vittorio, che lo faceva di mestiere,
mentre l'impianto scenico, i dettagli delle ambientazioni sono accurati,
pertanto, molto probabilmente, ideati o disegnati dal fratello Sacerdote che,
come tale, non avrebbe potuto concorrere alla gara indetta per la loro
realizzazione.
Esaminando le 28 tele, nelle
fattezze dei personaggi, nei colori e nelle fogge degli abiti, si incontrano
stranezze ed ingenuità che fanno sorridere come, ad es., il perizoma blue del Cristo nella flagellazione,
rosso nella coronazione di spine e bianco nella
discesa del corpo dalla croce.
Il Cristo è quasi sempre
rappresentato di un pallore cadaverico, con un improbabile profilo "greco"
ed i capelli di un rosso tizianesco!
Le proporzioni anatomiche dei
personaggi, spesso, lasciano molto a desiderare. Numerose teste "microcefale"
su corpi abnormi.
Le fattezze femminili non sono dolci
ed aggraziate ma dure ed angolose come quelle maschili. (Vedi per es.: la Madre ai piedi della croce)
I profili così detti
"greci" (fronte e naso in linea dritta) sono tratti somatici non
certo frequenti nel nostro territorio, eppure sono la maggioranza.
"Chiosco" - Stazione con telere Foto n° 4
Nonostante i personaggi delle
vicende siano quasi sempre gli stessi, non c'è la ripetitività delle sembianze
come ci si aspetterebbe. Stessa cosa per gli abiti, i loro colori ed i
copricapo. Questi ultimi, specie quelli degli armigeri, in alcune scene, sono
sormontati da colorati piumaggi che ricordano piuttosto i fantasiosi elmi dei
cavalieri dei tornei medievali invece
degli elmetti dei legionari romani. D'altronde,
nei panorami che fanno da sfondo a certe raffigurazioni, ci sono spesso torri e
castelli medievali che si stagliano contro cieli romantici o drammatici, fra profili
montagnosi incisivi. Alcuni personaggi mostrano baffetti e pizzetti alla
Vittorio Emanuele; piuttosto improbabili per l'epoca di Gesù! Tutto sommato,
questi teleri, seppure naïf, non sono brutti. Peccato che la realizzazione a
tempera e con tavolozza magra e piuttosto limitata, neghi loro quella
lucentezza e quell'incisività dei
quadri ad olio. Qua e
là ci sono
soluzioni sorprendenti
come i variegati
fondali e l'originale fonte di
luce rappresentata nella tela del bacio di Giuda, qui sotto, mentre la figura anatomicamente
più "sgraziata" è, senz'altro, il San Giovanni sotto la Croce.
[1]
P. Toschi :
Romagna Solatia per le scuole
medie e le persone colte. Milano
1925, pp. 207-209 (da
STUDI
ROMAGNOLI LXIV (2013) pag. 61 -
Stilgraf - Cesena)