Se facciamo un
resoconto di cosa abbiamo vissuto o che cosa ci ha lasciato l'anno dedicato alla
Vita Consacrata appena concluso, se ci chiediamo in che cosa ci ha cambiati,
possiamo solo risponderlo con Saint Exupery:
" Non si
vede bene che con il cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi."
Guardandoci intorno,
nel mondo, nella società, nella Chiesa stessa e in particolare nella nostra
Vita Consacrata, che tanto faticosamente cerca di sopravvivere nella fede e
nella promessa di Gesù: "
chi lascia il
Padre e la Madre riceve il centuplo e la vita eterna ...", possiamo chiederci:
l'anno della Vita Consacrata ci ha cambiato? Ci ha lasciato qualcosa? Non è che ci resta solo un bello slogan da
ricordare e citare al momento opportuno, senza che questo ci faccia riflettere seriamente
sul nostro modo di vivere, di pensare e di agire? Parliamo da Consacrate
chiamate in causa.
Papa Francesco ci
conduce, come Mosè condusse il popolo d'Israele, verso la terra promessa con amore, fatica e
solitudine. Il popolo è ribelle, adultero e idolatra, ma è il popolo che Mosè,
con lealtà, umiltà e solidarietà, difese
dall'ira stessa di Dio, è il popolo, quella pesante Croce che il Signore si carica
tutti i giorni sulle spalle. Secondo noi il significato dell'anno dedicato ed appena
concluso, è prendere consapevolezza di una vita tutta particolare, e che acquisisce
un significato solo se ci poniamo come intermediarie tra Dio e il suo popolo,
per invocare, con insistenza, la Sua misericordia. "
Misericordia,
Signore, misericordia ...siamo un
popolo di peccatori, ma la tua misericordia è più grande del nostro peccato"
recita un Salmo.
L'anno della Vita Consacrata
non ha cambiato il mondo, ma può
cambiare il nostro modo di vivere, di pensare e mutare le nostre coscienze nei
riguardi della vita consacrata e della vita in generale. Non ha lasciato niente
se non la stessa miseria umana, che c'era prima, ma l'ha caricata sulle nostre
spalle affinché la portassimo con noi, con umiltà e solidarietà, proprio come fece
Mosè, fino sul monte ed entrare nell'intimità con Dio nella coltre di nubi,
per quaranta giorni. Questo significa
intensa preghiera, penitenza e amore. E quando scendiamo dal monte e torniamo
nella pianura, volgiamo lo sguardo verso il popolo con cui ci siamo legati,
magari mostrando un volto stanco, sofferente, consumato, ma gioioso e raggiante
di luce divina, da condividere con lui.
Facciamo
nostre le parole di Papa Francesco che ha detto in un Angelus dello scorso
anno:
" Ciò che non si vede è più
importante di ciò che si vede. Nella Chiesa è così: la sua invisibile natura
divina - l'essere corpo di Gesù, il Suo Corpo Mistico - è più importante della
sua natura tangibile: le parrocchie, le comunità, il clero, i laici, i
religiosi". C'è un chiaro metro per capire in che modo la natura
spirituale e quella visibile si legano:
è Gesù stesso, nella cui persona entrambe le nature si fondono in modo
mirabile e indissolubile." (29.10.14).