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Esposizione delle opere d'arte di proprietà della Accademia degli Incamminati
09/11/2016
GUIDA ALL'ESPOSIZIONE DELLE OPERE D'ARTE DI PROPRIETA' DELL'ACCADEMIA DEGLI INCAMMINATI PROVENIENTI DAL MUSEO CIVICO  DI  MODIGLIANA  ED ALTRO.     
di E. Staffa


A seguito della ristrutturazione del Museo Cittadino, l'Accademia degli Incamminato ha disposto di collocare in modo definitivo, nell'Appartamento Storico dei Vescovi, le opere provenienti dall'ex-Convento dei frati Cappuccini e conservate, per 14 anni,  nella sala riservata all'Accademia al primo piano del museo. Data l'entità e la qualità delle opere depositate sono state distribuite in varie sale dell'Appartamento.

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Nel secondo ingresso, detto del Crocefisso, sono state posizionate le seguenti opere: - Sulla consolle la Deposizione di Cristo, terracotta devozionale policroma, riferibile a bottega bolognese del sec. XVIII.  Anticamente, questo modellino era conservato nella nicchia del corridoio centrale delle celle al primo piano del Convento. Molto probabilmente era servito da modello per trarne la deposizione in gesso, a grandezza d'uomo, tutt'ora visibile nella grotta a lato della scalinata della ex-chiesa del Convento. Ormai completamente degradata dall'esposizione all'aria aperta e dall'incuria, conserva e trasmette ancora, però, quasi intatta, la pietà e la drammaticità che voleva rappresentare. Le catacombe, di cui detta grotta faceva parte, erano state costruite nel 1754 quando P. Gabriele Sacchini, autore della prima storia di Modigliana, era il Padre Guardiano del Convento. Sul frontone dell'edificio, in alto sopra la grotta, c'era una scritta in latino, ora completamente cancellata dalle intemperie, che ricordava che : "Questa sacra celletta, rovinata dall'ingiuria del tempo, è stata restaurata a miglior forma. Anno del Signore 1904".  Credo sia stato l'ultimo restauro a cui è stata sottoposta negli ultimi 112 anni. Parete di fronte:  Per chi non fosse stato presente alla consegna della "Donazione Dora Savorana", avvenuta in queste sale il 16 luglio 2016 alla presenza di numerosi parenti  dell'A. Su questa parete sono esposti i quattro bozzetti originali che il Prof Ugo Savorana, eseguì ad acquerello, nell'aprile del 1939, per il concorso, indetto dalla Curia Vescovile di Modigliana, per la decorazione interna della rinnovata Cappella del Santissimo del Duomo di Modigliana, in previsione del 1° Congresso Eucaristico previsto nel settembre dello stesso anno. A questo progetto fu preferito quello del Prof. Giuseppe Rivani di Bologna.  La realizzazione della "Cena di Emmaus" dell'abside e l'intera decorazione della cappella, che possiamo ora ammirare, fu eseguita, su cartoni del Rivani, dal famoso decoratore bolognese Agostino Mazzanti.

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Alla parete a sinistra: 14 stazioni della Via Crucis, opere del Cappuccino Fr. Ferdinando dal Buono o Ferdinando da Bologna, al secolo Vincenzo Dal Buono.  Nato a Bologna nel 1704, inizia giovanissimo lo studio del disegno e frequenta la scuola di pittura decorativa e scenografica di Ferdinando Galli Bibiena, di cui diviene uno degli allievi più apprezzati. Dopo avere trascorso a Praga quattro anni di intensa attività come scenografo, nel 1729, rientrato in patria, decide di farsi religioso laico cappuccino. Lo stesso anno, nel convento di Cesena, veste l'abito francescano assumendo il nome di fra' Ferdinando in omaggio al suo maestro Ferdinando Galli Bibiena. Nel 1740, viene richiesto, come apprezzato pittore, a Ferrara dal neo arcivescovo Bonaventura Barberini, anch'egli cappuccino, per decorare la volta di una galleria nell'episcopio tutt'ora visibile. Dal 1742 il frate pittore vive nel convento del Monte Calvario di Bologna, dal quale si sposta frequentemente per i diversi impegni di lavoro. Dal 1755 al '57 Fra Ferdinando dimora nel convento di Modigliana certamente dietro richiesta del Guardiano padre Fedele da Castel San Pietro. Qui, oltre ad eseguire un disegno panoramico della città di Modigliana per un'incisione[1], è indirizzato alla pittura devozionale, realizzando quattordici immagini per la Via Crucis e alcuni ritratti di religiosi: lavori, specie quelli della Via Crucis, condotti con vivacità di colorito e di pennellata, tratti dal repertorio iconografico tradizionale. [2]   Rientrato nel convento di Bologna, dove frate Ferdinando è considerato, oltre che un eccellente pittore anche un religioso di vita francescana esemplare, muore l'8 dic. 1784. La Soprintendenza definisce queste 14 tele di discreta fattura. Purtroppo, già negli anni '70, quelle della V, IX e X stazione erano e sono ancora in cattivo stato di conservazione.

Nel Salone delle Udienze sono state collocate due tele, in buono stato di conservazione, ma purtroppo prive della cornice coeva. Le schede della Soprintendenza le attribuiscono al pittore bolognese  Ubaldo Gandolfi. Si tratta della rappresentazione a mezzo busto dei martiri Santa Apollonia  vergine e di San Biagio Vescovo. Riguardo la Santa la tradizione vuole che fra il 248 e il 249 durante una persecuzione dei cristiani ad Alessandria d'Egitto un'anziana donna credente, di nome Apollonia, fosse percossa al punto da farle cadere tutti i denti e per questo viene considerata la patrona dei dentistiPapa Pio VI, verso il 1775, volendo mettere ordine nel culto delle reliquie, fece raccogliere in tutta Italia i presunti denti di santa Apollonia, riempiendo uno scrigno di tre chili che venne buttato successivamente nel Tevere.  S. Biagio Vescovo di Sebaste fu martirizzato a Sivas, nell'antica Armenia nel 316 sotto la persecuzione dell'imperatore Licinio.   Avendo guarito miracolosamente un bimbo cui si era conficcata una lisca in gola, è invocato come protettore per i mali di quella parte del corpo mediante l'imposizione di due candele incrociate sul collo. Nel quadro è rappresentato con una folta barba, paramenti liturgici, mitria e pastorale e con un pettine da cardare la lana sul davanti, probabile strumento del suo martirio. Durante il Convegno di Studi Romagnoli tenutosi in S. Rocco nell'ottobre del 2013, la nota studiosa d'arte Prof.ssa Anna Tambini, ha chiaramente smentito l'attribuzione di queste due opera al pittore bolognese Ubaldo Gandolfi e confermato la paternità di quelle due opere al pittore forlivese Giacomo Zampa  (1731 - 1808Questo artista, dopo un breve periodo di apprendistato forlivese presso il famoso conte pittore Paolo Cignani, si è formato principalmente a Bologna come allievo di Vittorio Bigari o di Ercole Graziani. Tornato successivamente in Romagna, dove condusse il resto della sua esistenza, vi volse un'intensa attività artistica, estesa da Forlì, dove sono conservate molte sue opere presso la collezione della Cassa di Risparmio, in S. Mercuriale, nella Pinacoteca comunale e nel palazzo Vescovile,  arrivando fino a FaenzaImola e Lugo.
3.jpgLa tela dell' ANNUNCIAZIONE  posta sopra quelle dei due Santi appena menzionati, non fa parte del deposito dell'Accademia degli Incamminati ma è una "new entry" nel Salone delle Udienze.  Proviene dalla Sacrestia di S. Domenico, ed originariamente dalla ex- chiesa di S. Pietro in Castagnara.Opera attribuita, nel 2013, dalla Prof.ssa Anna Tambini a Jacopo Vignali (Pratovecchio 1592 - Firenze 1664).[3] Ecco quanto scrive, a tale proposito, la Studiosa: "L'opera di Castagnara presenta un effetto chiaroscurale più intenso e una stesura pittorica più morbida rispetto all'Annunciazione Strozzi  (Santa Trinata,  Firenze, 1609) uno dei capolavori di Jacopo Chimenti detto l'Empoli, da cui, inequivocabilmente, discende.  La valenza espressiva però è più accentuata; l'atteggiamento della Vergine, quasi un istintivo gesto di ritrosia, fa ben capire l'intimo contrasto tra il turbamento e l'assenso al messaggio angelico. L'opera è condotta  in una chiave luministica ed espressiva del tutto simile. Vi si ritrovano gli stessi protagonisti e fin anche gli stessi dettagli come la raffinata resa dei broccati nelle vesti dell'angelo. Jacopo Vignali è già presente a Modigliana, in S. Domenico, con la Visione di San Filippo Neri  firmata e datata 1625.  Tale data può essere estesa anche all'Annunciazione di Castagnara, che affascina per l'eleganza formale e al tempo stesso per la profondità dei sentimenti, per la finezza della pennellata, per il gioco sottile della luce e delle ombre." Nella nota 23, a piè di pagina, la Prof.ssa Tambini aggiungeva "L'opera (olio su tela) 145 x 113 cm è integra ed in buono stato sebbene la pellicola pittorica sembri aver sofferto per graffiature e sia offuscata dal tempo". (Successivamente allo studio della Tambini parlai e mostrai  questa tela alla concittadina restauratrice Minerva Tramonti Maggi che non la conosceva ed entusiasticamente si prestò, gratuitamente, a ripulirla dalla patina del tempo ridandole la nitidezza che potete ammirare). "Devo, continua la nota della Prof.ssa Tambini, la conoscenza della tela a Vincenzo Staffa che ringrazio per la gentile segnalazione e per la premurosa assistenza ricevuta nella mia ricognizione a Modigliana". Anche per questo ci tenevo che questa bellissima tela uscisse dalla polverosa sacrestia di San Domenico e fosse vista ed apprezzata da molte più persone e non solo dai soli distratti sacerdoti e chierichetti che entrano nella sacrestia.

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Ma, per tornare al deposito dell'Accademia, passiamo nello Studio del Vescovo. Sulle pareti longitudinali sono state esposte le tredici tele che rappresentano i ritratti di 12 Frati Cappuccini e di una suora, tutti modiglianesi di nascita, illustri per opere,  scritti o condotta religiosa esemplare. Alcuni di loro sono stati anche Padri Guardiani del Convento Crucis che abbiamo visto poco fa, cioè di Fr. Ferdinando dal Buono. - 4, cioè i PP. Savelli, Corelli Giuseppe, Laghi e Tempesta sono di Anonimo  Piazzettesco, cioè un epigone del grande pittore Giovan Battista Piazzetta, (nato  a Venezia  nel 1683 ed ivi morto nel 1754) - 3, cioè i PP. Bosi, Freghi e la suora Fanelli di semplice Anonimo - 2, i PP. Melandri e Ronconi di Francesco Dirani da Bagnacavallo  (non ho trovato sue notizie) - 2, i PP. Francesco Corelli Anonimo bolognese e Gabriele Sacchini sono di  Anonimo Emiliano Romagnolo. Devo dette attribuzioni alla nostra concittadina restauratrice Minerva Tramonti Maggi.
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Lungo la parete Nord della Cappella privata del Vescovo sono stati sposti i Busti Reliquiari conservati, a suo tempo, dietro la tela di S. Antonio da Padova del primo altare laterale dell'ex-chiesa della Madonna della Pace nel Convento dei Frati Cappuccini. Restaurati nel 1995 nel laboratorio dalla concittadina Minerva Tramonti Maggi a Bergamo, con il contributo della Ditta Alpi Spa, furono presentati, per la prima volta, nel nostro Palazzetto dello Sport all'interno di un suggestivo allestimento progettato dall'Arc. Stefano Liverani,  in occasione della Tornata Accademica d'autunno. Sei degli otto splendidi busti sono attribuiti, dal critico Antonio Corbara, a Domenico da Tolmezzo, mentre gli altri due, risalenti al sec. XVII, sono di autore ignoto. 
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Domenico da Tolmezzo (a volte citato come Domenico Mion o Mioni, o anche Domenico di Candido) è nato a Canale di Gorto,1448  e morto a Udine nel 1507) Valente pittore e scultore italiano viene considerato il leader della Scuola di Tolmezzo, nutrito gruppo di artisti friulani attivi nella seconda metà del Quattrocento, in un contesto dove si mescolarono le innovazioni rinascimentali provenienti dai centri veneti con le residue influenze del gotico veneziano.  Degna di menzione è la pala d'altare raffigurante la Madonna con Bambino e Santi  risalente al 1479 e custodita nel Castello di Udine. Ancora più feconda fu l'attività come scultore delle pale di legno, che evidenziarono la monumentalità ed i ritmi dei Vivarini. Tra gli esempi più significativi si annoverarono l'ancona di San Pietro di Carnia, terminata nel 1484, i santi Leonardo e Matteo, l'altare di Terzo per la chiesa di San Giovanni e i polittici di Illegio e di Invillino del 1497. I sei busti del '400, scolpiti in legno di pioppo, sono stati eseguiti separatamente dalle basi di appoggio, dalle braccia protrudenti, da alcuni simboli che recano o recavano in mano, come pure dalle aureole realizzate tutte in legno di faggio. I due del '600, invece, sono stati ricavati da un unico blocco di legno di pioppo, scavato all'interno, per accogliere la reliquia, ad esclusione, ovviamente, delle aureole.   Tutti presentano una policromia molto variata che va dai tenui rossi del S. Carlo Borromeo e di Santa Anastasia, ai verdi chiari e scuri del Sant'Andrea e del San Giuda. Gl'incarnati, molto realistici, sono messi in risalto dalle ampie dorature, ancora ben conservate, dei panneggi finemente decorati a motivi "gotici" mediante graffiature a mano in modo da fingere un tessuto preziosamente ricamato.  Il restauro non ha integrato le parti mancanti come l'avambraccio destro di S. Giacomo e le dita di S. Giuda, o la ricostituzione dei simboli chiaramente mancanti come il pastorale al vescovo S. Andrea ed altro a S. Giuda, è però intervenuto, con una lieve integrazione pittorica, dove l'interruzione della superficie dipinta poteva disturbare la lettura dell'opera: ad esempio sui volti e sulle mani.

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Dei 4 bracci reliquiari posti sulla mensola in fondo, tre soli hanno la reliquia, una delle quali è anonima, mentre le altre due sono dei Martiri S. Saturnino e S. Antioco.  La peculiarità dei bracci reliquiari è che le reliquie che contengono, come potete vedere, consistono in grossi pezzi di ossa, del braccio appunto, a differenza di quelle che vedete intorno a voi, che sono quasi sempre microscopici pezzi di qualcosa appartenete al santo. L'Accademia ha affidato alla cura della Parrocchia anche altro materiale proveniente dall'ex-chiesa dei Frati come un anonimo espositore da altare, numerosi candelabri di varie dimensioni ed il bellissimo Tabernacolo a forma di basilica, del tipico colore fratino, che era sull'altar maggiore. Come lo potete vedere qui vicino alla finestra, ha bisogno di un adeguato restauro e chissà che, in un futuro, speriamo non troppo lontano, si trovi uno sponsor che se ne faccia carico perché merita veramente di tornare all'antico splendore. Questo è tutto. Grazie di essere intervenuti e buona sera.

[1]  [2] Dall'Enciclopedia Treccani [3] A. Tambini Puntualizzazioni e scoperte per la pittura a Modigliana... da STUDI ROMAGNOLI  LXIV (2013) - Ediz. Stilgraf - Cesena;  pagg.126-127
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