INFANZIA
Daniele Badiali
nasce
a Faenza il 3 marzo 1962 e viene battezzato l'8 marzo nella
cappella della maternità. La sua è una numerosa famiglia di agricoltori, che
abita nella campagna faentina, la parrocchia è quella di Ronco.
Riceve il sacramento della prima Comunione nel maggio del 1971 e
nel settembre del 1973 riceve il sacramento della Cresima.
La mamma così lo
ricorda: "Un bambino tranquillo, gli piaceva studiare e leggere. La domenica
venivano a trovarci gli zii e i numerosi cugini con i quali Daniele giocava
volentieri. Gli piaceva cantare e si appassionò presto alla musica imparando a
suonare la chitarra con qualche studio da privatista".
Dopo le scuole medie ha frequentato l'Istituto Professionale per
l'Agricoltura di Faenza. Con suo cugino Gabriela, partecipa al gruppo del
dopo-Cresima istituito dal nuovo parroco arriva don Antonio Samorì. che lo
porta a conoscere varie
esperienze di volontariato e dei campi estivi in località
dell'Appennino romagnolo.
L'INCONTRO CON L'OMG
Durante l'estate del 1977, don Antonio accompagna il suo gruppetto
di ragazzi a conoscere un'esperienza di
campo di lavoro per le missioni
dell'operazione Mato Grosso. Il movimento non è conosciuto a
Faenza e la prima esperienza di lavoro è guidata da Giorgio Nonni, un ragazzo
faentino, da poco tornato dalla missione di Campogrande, in Brasile, dove ha
trascorso due anni e mezzo in un lebbrosario. In questo campo i ragazzi
raccoglievamo le pesche da alcuni contadini. La vita essenziale che facevamo,
semplice, il lavoro duro per i poveri, 9 - 10 ore al giorno, colpì Daniele, che
s'innamorò subito di questo cammino, dell'imparare a dare via, facendo fatica. Giorgio
nel 1980 parte per il Perù con la decisione di studiare per diventare
sacerdote, la sua scelta farà riflettere particolarmente Daniele:
"Mi piace quello che vivi e cerchi, ti
vengo dietro, desidero vivere come te".
LA
PRIMA VOLTA IN PERU'
Nel
1984 Daniele parte per un'esperienza di due anni: va Chacas in Perù, dove sono presenti sia
Giorgio Nonni, non ancora sacerdote, che p. Ugo De Censi. L'intento è quello di
lasciarsi guidare da p. Ugo per verificare la sua vocazione.
Vive nella casa parrocchiale, buttandosi subito nei lavori per
poter togliere qualche peso agli altri volontari presenti e scopre i poveri attraverso
le tante persone che bussano continuamente alla porta, chiedendo aiuto. Fa
anche l'assistente dei ragazzi della scuola d'internato di falegnameria Taller
"Don Bosco".
Daniele, in questi primi due anni, impara a poco a poco ad essere
"figlio" di p. Ugo. Questa obbedienza gli costa sofferenza, perché richiede
umiltà, saper riconoscere gli sbagli, i difetti ed accettare le correzioni, ma
capisce che è proprio l'umiltà la via che conduce alla verità e alla
conversione della propria vita. Daniele spera di poter compiere gli studi da
sacerdote in Perù, ma questo risulta impossibile, così, in accordo con il
vescovo di Faenza Mons. Francesco Tarcisio Bertozzi,
torna per entrare nel seminario di Bologna nel settembre 1986.
IN
SEMINARIO A BOLOGNA
Dal
1986 al 1991 Daniele studia nel seminario di Bologna. Il suo vicerettore così lo
ricorda: "Gli anni del seminario sono stati per Daniele un momento di
purificazione che gli ha fatto comprendere sempre meglio perché, per chi e per
che cosa spendere la vita: sono stati anni nei quali, riducendo le attività
esterne, ha potuto curare la sua crescita interiore."
Daniele si reca in Perù, nell'estate del 1987, per due mesi, per
l'ordinazione di p. Giorgio. L'amicizia con lui rimane molto forte: lo
considera come un fratello, accogliendo da lui consigli e correzioni. Al suo
ritorno comincia a vivere il tempo del seminario, il tempo della sua lontananza
dal Perù con un'obbedienza assoluta.. Durante le estati, in vacanza dal
seminario, Daniele si reca spesso in Val Formazza in Piemonte: qui i ragazzi
dell'OMG hanno costruito due rifugi in alta montagna.
Il 30 dicembre 1990 riceve il diaconato e il 22
giugno 1991 viene ordinato presbitero a Faenza, dal vescovo mon. Francesco
Tarcisio Bertozzi.
PARROCO SULLE ANDE
P. Daniele parte per il Perù, nell'agosto del
1991, come sacerdote "fidei donum" della diocesi di Faenza-Modigliana per la
diocesi di Huari ed il 1° settembre fa l'ingresso nella sua parrocchia di San
Luis.
La parrocchia è molto vasta, sulla Cordillera Blanca. La zona
comprende nevai che superano i 6000 metri di altitudine e scende fino al rio
Marañon, principale affluente del rio delle Amazzoni.
Sono più di 60 paesini
sparsi, suddivisi e facenti parte di tre grossi centri: San Luis, capoluogo di
provincia, Yauya e San Nicolas. Non ci sono strade, all'interno: si va solo a
piedi o a cavallo. La situazione religiosa è disastrosa, la mancanza di un
prete si avverte molto bene.
P. Daniele inizia a farsi carico dei pesi che un
parroco deve portare: cerca di raggiungere tutte le comunità anche quelle più
lontane.
La casa parrocchiale è il punto di riferimento per le persone
povere, bisognose di tutto e vari sono i ragazzi italiani, che negli anni si
sono fermati nella casa con lui per periodi più o meno lunghi per aiutarlo.
Prepara quattrocento bambini alla prima Comunione, nel marzo
del1992, può così iniziare il lavoro dell'oratorio, insegnare la devozione e la
carità, essere padre per tanti ragazzi, volendo loro bene, con il desiderio
intenso di condurli a Gesù.
Viene
ucciso da terroristi, nell'ottobre del1992, il volontario dell'OMG Giulio
Rocca, a Jangas.
Rientra in Italia, nel maggio del 1993, per alcuni mesi. Si cura
per un‘epatite, riallaccia i rapporti con le persone e lavora con i ragazzi ai
campi di lavoro, riparte nel dicembre.
I
suoi ultimi anni di vita sono stati di intensa attività pastorale:
il prendersi a cuore i bisogni, le sofferenze della povera gente diventa il
modo concreto attraverso il quale poter far entrare nell'anima delle persone la
sete di Dio. Un Dio che Daniele stesso più volte afferma di non trovare più con
la testa, con i ragionamenti, ma solo col tentare di voler bene, perdere,
rinunciare, sacrificarsi.
Vive intensamente la figliolanza verso p. Ugo, dal quale si sente capito
e accolto in questo dramma del vuoto e dell'assenza di Dio. Questa figliolanza
lo porta concretamente ad obbedire anche ora da sacerdote, a servirlo
concretamente, aiutandolo nelle confessioni, suonando la chitarra al suo
fianco, componendo i canti che gli chiede, fino a farsi portavoce ed eco di ciò
che p. Ugo vive interiormente.
P. Daniele, nel maggio 1996, rientra in Italia dopo aver ricevuto
la notizia delle gravi condizioni di salute del suo vescovo Francesco Tarcisio
Bertozzi. Rimane pochi giorni, solo il tempo per il funerale.
Tornando in Perù, nel novembre del 1996 accoglie in casa Eloy, un
bambino di nove anni che presenta difficoltà fisiche. Da questa prima
accoglienza
nasce il
progetto della casa Danielitos, che servirà ad ospitare bambini
disabili e verrà realizzata dopo la morte di Daniele.
GLI ULTIMI GIORNI
Il 10 marzo 1997 inizia a San Luis, nella sua parrocchia, la
preparazione alla Prima Comunione con 500 bambini. Trascorre tutto il giorno
insieme a loro in chiesa, pregando e cantando, raccontando loro la vita di Gesù
e giocando nei momenti di svago. La preparazione sarebbe durata due settimane
fino al giovedì santo, giorno in cui ogni bambino avrebbe ricevuto Gesù nel
proprio cuore.
P. Daniele è molto preoccupato di trasmettere ai bambini il
desiderio di un Padre buono, soffre nel non vederli attenti e devoti, teme per
la loro anima e per la sua. Desidera lasciare ai suoi bambini un segno grande
che li faccia innamorare di Gesù.
Prega tanto la Madonna, quella dal lungo
manto, dove ripararsi e trovare consolazione... Ha da poco scritto uno dei
canti più belli: "Mami de Dios, mami perdon, ten compasion..."
P. Daniele aspetta il rientro di p. Ugo e p. Giorgio dall'Italia:
da mesi sostiene un ruolo per il quale si sente incapace, vuole mettersi da
parte.
Il 16 marzo, dopo aver celebrato la messa
domenicale a San Luis e a Pomallucay, si reca a Yauya, per la celebrazione
serale. Di ritorno, con altre sei persone a bordo della jeep, intorno alle 22,
si trova improvvisamente la strada bloccata da pietre. Daniele intuisce
immediatamente che si tratta di qualcosa di grave. Compare un bandito armato
che cerca un italiano in ostaggio. Rosamaria scende.
P. Daniele subito si fa
avanti scostandola e dicendo:
"Vado
io, tu rimani".
Ha già letto il biglietto consegnatogli dal bandito con la
richiesta di riscatto che scade il 25 marzo, giorno del rientro di p. Ugo
dall'Italia.P. Daniele viene allontanato, mentre il bandito minaccia con due
spari tutti gli altri passeggeri e incita l'autista della jeep a ripartire.
Il corpo di Daniele viene ritrovato il giorno
18 marzo in località Acorma, luogo poco distante da San Luis, in una scarpata piena di
pietre, avvolto in un telo di nylon azzurro, con le mani legate dietro la
schiena, ucciso da un colpo di pistola alla nuca.
P. Daniele è vegliato tutta la notte ad Acorma, attorno alle
pietre bagnate dal suo sangue, dalla popolazione e dai volontari dell'OMG.
È accompagnato e vegliato
in preghiera da San Luis a Chacas, fino a Lima
Il 23 marzo la salma rientra in Italia e viene vegliata per tutta
la notte e la mattina successiva.
Il pomeriggio del lunedì 24 marzo avviene il
rito funebre nella cattedrale di Faenza con la partecipazione di moltissima
gente. La salma è tumulata presso il cimitero di Ronco di Faenza nella tomba di
famiglia.
Il 22 febbraio 2010 Mons. Claudio Stagni, vescovo della diocesi di
Faenza-Modigliana, promulga l'Editto per la Causa di Beatificazione e
Canonizzazione.
Tratto da
http://www.padredanielebadiali.it/