I costruttori dell'organo: gli Agati
I
componenti della famiglia Agati assieme a quella dei Tronci daranno vita a
quella che è più comunemente conosciuta come la scuola organaria pistoiese, tra
XVIII e XIX secolo, e che nel giro di un secolo e mezzo imporranno precise
timbriche e soluzioni concertistiche dalle straordinarie possibilità
coloristiche agli organi di questa scuola. Ad apparire per primo sulla scena
sarà il capostipite Pietro che passerà il testimone al figlio Giosuè e da
questi ancora a suo figlio Nicomede che in una sorta di crescendo daranno fama
e notorietà al Casato degli Agati.
Pietro
è il secondogenito di una famiglia numerosa di 8 figli che naviga nelle
ristrettezze e perciò a 7 anni, nel 1742, viene mandato a bottega da Francesco Domenico
Cacioli organaro in quel di Pistoia ma di origini lucchese. Nella stessa
bottega già dal 1732 come apprendisti e dal 1743 in società col Cacioli lavorano i fratelli Anton Maria e Filippo
Tronci che nel 1750 ne diverranno titolari a seguito del ritiro dall'attività del
Cacioli. Pietro dopo qualche anno verrà
allontanato e sarà costretto ad emigrare a Bologna nella bottega di Filippo
Gatti dove si fermerà e dove si formerà come artigiano-organaro per circa 3
anni dal 1756 al 1759.
In
questo periodo già affianca il proprio nome a quello del maestro Filippo Gatti
e la sua opera prima è del 1757, l'organo di Amola nel comune di Monte San
Pietro. Seconda sua opera del 1758 a Santa Maria del Baraccano mentre sua terza
opera del 1759 è un organo positivo a Santa Maria Assunta in Ciola a Terra del
Sole in provincia di Forlì. Quest'ultimo è stato protagonista del concerto per
l'anniversario della morte di Don Giuseppe Bassetti nel 2016.
Nel
1759 rientra a Pistoia già professionalmente affermato, un tecnico maturo,
autonomo e capace di costruire organi complessi e grazie ad un suo parente
sacerdote realizza già nel 1760 l'organo della Chiesa di San Vitale a Pistoia.
Nel 1761 viene nominato accordatore dell'organo della Cattedrale di Pistoia e
quindi delle chiese di San Leone, Sant'Andrea e di Santa Maria di Piazza.
Pietro Agati divenne subito punto di riferimento in questo settore per la
Chiesa pistoiese sì da garantirgli una rendita sicura che gli permise di
finanziare l'impianto della nuova bottega.
Nel
1766 si accasa sposando Giustina Becarelli forse la prima ed unica donna a
svolgere il mestiere di organara ed il cui nome comparirà spesso accanto al
nome del marito come attestano numerosi cartigli, il primo di questi si trova
nell'organo della Chiesa di San Pietro in Vincio nelle campagne pistoiesi:
Petrus Agati Pistoriensis et Juxtina Uxor
ejus, Opus Hoc Fecere, Anno Domini, 1776[2]. Nel 1798 quasi a consuntivo della propria
esperienza lavorativa, morirà nel 1806, la bottega di Pietro Agati aveva
costruito in quasi quarant'anni 56 organi e ne aveva ristrutturati altrettanti
con una media di quasi tre interventi di grande rilievo all'anno oltre alle
numerose accordature e interventi di ordinaria manutenzione.
[3]
Nel
1770 intanto era nato Giosuè che presto affiancherà i genitori, organaro "
più abile del padre"
[4].
E'Giosuè il vero animatore della fabbrica di cui intensificò e perfezionò la
produzione e grazie alla qualità dei propri manufatti che venne affermandosi il
nome degli Agati. Già a 24 anni nel 1794
affianca la firma del genitore e della madre nell'organo costruito a Treppio di
Sambuca Pistoiese:
Petrus Agatis, Justina
Uxor et Josue Eorum Filius Omnes Pistoriensis....[5] Padre e figlio lavorano assieme e
lavoreranno assieme fino alla morte del genitore avvenuta 1806 e Giosuè ne
raccoglierà il testimone senza soluzione di continuità, portando avanti gli
impegni della bottega tra cui la
manutenzione degli organi della cattedrale di Pistoia.
Sempre nello stesso anno Giosuè sposa la
ventiquattrenne Barbara Gamberai che gli darà ben 6 figli tra i quali nel 1796
Nicomede e due anni più tardi Giovanni, i due figli i cui nomi cominceranno a
comparire nelle lavorazioni assieme al Genitore fin dal 1822 e che di fatto continueranno la tradizione
di famiglia e che daranno ancor più lustro e risonanza mondiale al nome degli
Agati. Agli inizi degli anni 20 dell'800 il numero degli organi Agati aveva
raggiunto quota 132 nonostante che nel'ultimo ventennio si registrasse un certo
rallentamento dovuta all'instabilità politica causa occupazione militare francese del Granducato
e alla sua politica anticlericale con sequestro dei beni della Chiesa e delle comunità monastiche.
Nel 1823 col miglioramento delle proprie condizioni economiche si
trasferiscono in una nuova casa in via del Corso al n.
1123 a due passi dall'abitazione e laboratorio dei fratelli Tronci al 1120,
descritti dalle cronache come rivali ma che non disdegnano rapporti di
collaborazione in quanto esistono ricevute di pagamento per lavori eseguiti
dagli Agati per conto dei Tronci. Ciò non toglie che una vivace rivalità e qualcuno
afferma aspra concorrenza tra le due famiglie ci fosse comunque e questo portò
sicuramente gli Agati, già con Giosuè, ad esplorare altri mercati che
logisticamente non potevano che essere i territori confinanti dapprima nelle
zone collinari e montuose dell'Appennino poi, via via, in tutta la Liguria e
nel basso Piemonte. A Modigliana approdano nel 1826 con la ricostruzione,
Non a caso Giosuè Agati nel 1835 si
pubblicizzava affermando che la sua ditta poteva "
facilitare i prezzi anco al di sotto di altre relazioni che potessero
essere presentate da altri".[6]
Nel
1836 la costruzione di un organo nella Chiesa di Santa Teresa a Torino procurò
a Giosuè consensi e la protezione dei reali di Sardegna che gli commissionarono
nel 1843 la costruzione di un organo simile per l'abbazia cistercense di
Altacomba
[7]
ove esisteva l'antica sepoltura della Casa dei Savoia.
In
Liguria ed in particolare nella Diocesi di Ventimiglia-Sanremo gli Agati
collocarono un numero considerevole
di
strumenti. I più antichi firmati da Giosuè Agati sono i due esemplari di
Perinaldo e il suo più grande organo costruito della Basilica Madonna
Miracolosa di Taggia entrambe in provincia di Imperia, rispettivamente nel 1829
e nel 1839. Nel '29 Giosuè Agati
costruisce anche un organo per la Chiesa Parrocchiale di S.Etienne de Tinée piccola località nell'Arrondissement di
Nizza. Più numerosa è invece la
produzione di Nicomede. Ne sono stati individuati circa 22, alcuni non più
esistenti nella sola Diocesi di Ventimiglia-Sanremo ma ben 150 in tutta la
Liguria.
L'accresciuta
ricchezza della famiglia permetterà a Giosuè
di costruirsi un prestigioso
Palazzo poco distante dove abita, al civico 1128, e che occuperà con la
famiglia dal 1842
[8]. Architetto-Progettista
suo figlio Luca che lo doterà di un laboratorio a pianoterra di 800 mq. Il successo è talmente palese che da un
osservatorio di notabili concittadini, la ditta Agati, nello stesso anno, ottiene il riconoscimento come
una dei quattro "
migliori Fabbricatori
della città di Pistoia" con l'assegnazione di una medaglia d'oro
[9].
Il documento riferisce che la ditta Agati ben si collocava nel novero delle
imprese più importanti avendo alle proprie dipendenze una forza lavoro che
andava da 18 a 26 dipendenti di cui 4 proprietari. Imprese come quella degli Agati si collocavano
in una realtà manifatturiera di media entità che poneva problemi gestionali
quali la continuità degli approvvigionamenti delle materie prime, una
organizzazione del lavoro, l'andamento del mercato dei semilavorati e dei
prodotti finiti che i prezzi alla committenza finale, che giustamente esulavano
dalla tradizionale bottega artigiana. Interessante è il taglio medio del
portafoglio ordini. L'ammontare della più parte del portafoglio è medio basso
con ordini al di sotto dei 500 scudi mentre solo un modesto 4% richiede organi
dai costi impegnativi di 1000 scudi ed oltre.
Di
lì a qualche anno nel 1847 Giosuè muore lasciando l'impresa in ottime mani, quelle
del figlio Nicomede coadiuvato dal fratello Giovanni. Nel neonato Regno d'Italia la ditta
Nicomede Agati e F.lli s'imperniò ancor
più su Nicomede divenuto dopo la morte del fratello Giovanni il solo
intestatario. Tuttavia l'attività non subì alcuna flessione anzi crebbe
costantemente fino a toccare nel 1877 la quota di 569 strumenti e, ultimo dato
disponibile di 574 nel 1881 poco prima della cessazione dell'attività. Così
G.Tigri scriveva di questo risultato raggiunto: "
Questa ormai celebre fabbrica che risaliva al 1700 (sic) ha continuato
e continuerà anche nel suo successore a conseguire quella riputazione (sic) che
hanno avuto in Italia e all'estero i suoi organi d'ogni dimensione e
complicanza giunti al presente al n. 574".[10]
Nel 1876 Nicomede era rimasto privo del
fratello Giovanni e non avendo figli pensò di far proseguire l'attività al nipote
Luigi. Quando nei primi mese del 1883
anche il nipote Luigi venne a mancare concordò di unire la propria attività a
quella della concorrenza di Filippo Tronci (III) dando vita al nuovo sodalizio
Agati-Tronci
[11]. Già in
là con gli anni morirà nel 1885 e con lui termina la storia della famiglia
Agati che nel giro di tre generazioni aveva visto affermarsi da semplici
organari di provincia a costruttori d'organi di primo rango.
Questa
felice combinazione storica ha portato non solo a beneficiarne la città di
Pistoia : "
In Pistoia si fabbricano dei
buoni Organi e la manifattura del ferro serve alla sussistenza di una
gran parte del popolo basso",
[12] ma anche a tutto un movimento culturale che si
è sviluppato attorno all'organo di scuola
pistoiese. Si pensi alla letteratura scritta per organi da personaggi
coevi quali Giuseppe Gherardeschi (1759-1815), Giovan Pietro Baldi (1776-1835)
Luigi Gherardeschi (figlio di Giuseppe 1791-1871) e Gherardo Gherardeschi (figlio
di Luigi 1835-1905) che ci offrono ancora oggi una lettura corretta e la logica
dei registri di concerto dell'organo pistoiese dei secoli XVIII e XIX.
Bruno Tagliaferri